Agna che era "Annia", l'antica via perduta tra i campi della Bassa

AGNA. Oggi lo chiameremmo corridoio, e chissà con quale numero lo etichetteremmo, tipo il 5 di cui tanto si discute; ma comunque, con tutta probabilità, sarebbe ancora sulla carta.
La Roma di duemila anni fa, invece, era di straordinaria efficienza in tutto, infrastrutture comprese. Così nel 132 avanti Cristo spedì tecnici e operai nella X Regio Venetia et Histria (di fatto, l’odierno Nordest) per aprire i cantieri di una vera e propria superstrada dell’epoca: la via Annia Popilia, che da Rimini, per Padova e Altino, portava ad Aquileia, e da qui oltreconfine, al Norico e alla Pannonia. Una direttrice complementare alla Postumia, Genova-Aquileia, realizzata mezzo secolo prima.

L’ultimo lotto, per dirla in termini moderni, partiva da uno dei tanti villaggi rurali della pianura veneta, che proprio per questo finì per prendere il nome di Annia, un po’ alla volta scivolato in Agna. Peccato che di quei tempi non ci sia arrivata alcuna documentazione, forse qualcosa avremmo potuto imparare sulla politica del territorio.
Per trovare la prima traccia storica di Agna, in realtà, bisogna aspettare un millennio: per la precisione l’anno di grazia 970, quanto tale Ingheldina, definita in un documento dell’epoca “honesta puella abitatrice in castro Agna”, avendo tra le proprie doti non solo l’onestà ma anche la solida posizione patrimoniale e forse qualche peccato da farsi perdonare, decide di sottoscrivere un atto di donazione alla chiesa cattedrale di Padova di una serie di terre e di alcune case localizzate appunto ad Agna.
Poco si sa di una fase non a caso liquidata, per l’intera alta Italia, con l’etichetta di “secoli bui”.
Però si può dire con certezza che Agna mantiene anche in quella penombra un suo ruolo come luogo sia di transito (c’è traccia di un ospizio per viandanti detto di San Vito alla Pria) che di culto: l’intero territorio risulta sede di insediamenti monastici, con la parte centrale del paese divenuta gastaldìa del monastero Olivetano di San Bortolo di Rovigo, e la parte nord facente capo alla gastaldìa benedettina di Cona, a sua volta annessa alla storica corte di Correzzola di proprietà della potente Abbazia benedettina padovana di Santa Giustina.
Ma in realtà, il primo episodio storicamente datato di Agna, dopo la donazione dell’ “honesta puella”, si riferisce non alle cose dello spirito ma a un cruento fatto d’armi.
Un bel giorno, anzi una bella notte, dell’agosto 1241, approfittando della scorrevolezza della benemerita via Annia, da Padova parte una spedizione punitiva affidata a duemila uomini e duecento cavalli, che raggiunge rapidamente il castello in cui risiede Jacopo da Carrara con famiglia e corte.
Cosa ha attirato su di lui quella tempesta? Da quattro anni a Padova si è saldamente piazzato Ezzelino da Romano, tipo tosto quanto permaloso, al quale fa ombra il clan dei Carraresi, insediato in più punti della parte meridionale della provincia; e verosimilmente Jacopo ha finito per pestargli i piedi. Il blitz fa piazza pulita; e a pagarne le spese per primo è lo stesso Jacopo, portato in città e giustiziato a ponte San Giovanni senza perder tempo in processi.
Restano comunque tempi turbolenti anche dopo, specie per la devastante guerra tra Venezia e i Carraresi nel frattempo divenuti signori di Padova.
Le acque si calmano solo quando l’intero Padovano passa sotto la Serenissima: Agna come altri centri della Bassa usufruisce di una vasta opera di bonifica, specie grazie a Roberto, esponente della storica famiglia dei Papafava, che nel 1534 fa anche costruire un canale tra il paese e la vicina Arre.
Ma non è che per la gente del posto la relativa pace sociale imposta dalla Dominante sia molto diversa dalla stagione delle armi: si susseguono periodi di carestie, povertà, malattie, malnutrizione e anche calamità naturali (da ricordare due devastanti rotte dell’Adige a distanza ravvicinata, nel 1772 e 1773), di cui si ha notizia soprattutto dai diari dei parroci.
Chi vuole cercare spazio deve andarsene altrove: come fa all’inizio del Settecento Andrea Brigenti, aspirante letterato, il quale grazie anche alla classica spintarella (pure questa opera del rappresentante locale di Santa Madre Chiesa) riesce ad approdare a Roma, dove trova ospitalità e protezione presso la ricca famiglia Borghese. Nella sua Agna oggi lo ricordano una via e la scuola media.
La situazione migliora solo nel primo periodo della dominazione austriaca del Veneto, a inizio Ottocento: arrivano un medico condotto e una levatrice, viene aperta una scuola elementare, si costruiscono nuove strade; e grazie al lascito testamentario dell’arciprete don Francesco Danieletti, nel 1823 viene istituita una Congregazione di Carità che si occupa dei poveri.
Ma la seconda metà del secolo si rivela micidiale, come per l’intera regione: un documento dei primi anni Novanta segnala l’esistenza ad Agna di almeno 200 persone prive di qualsiasi mezzo di sussistenza; il che va ad alimentare quello sterminato fiume dell’emigrazione che a cavallo tra Ottocento e Novecento vede l’esodo forzato dalla regione di decine di migliaia di persone.
È solo tra le due guerre mondiali che il paese conosce una decisa ripresa, affidata soprattutto all’agricoltura: nel 1936 si superano i cinquemila abitanti, livello record che peraltro resiste per poco.
Dal censimento del 1961, il paese si stabilizza poco sopra le tremila anime, mantenendo la sua vocazione agricola, ma vedendo nel contempo crescere un’attività di artigianato e piccola industria, specie nel comparto dell’abbigliamento, mentre comincia ad affermarsi anche il terziario.
Da segnalare un evento raro per una piccola realtà periferica, e che giunge con il 2007 alla 47ma edizione: un premio di pittura e grafica intitolato a Giovan Battista Cromer, artista del XVII secolo cui si devono affreschi e pitture ad olio di palazzo Mingoni, oggi sede municipale. Centinaia di artisti di ogni parte d’Italia arrivano ogni anno a portare il loro contributo: senza sapere, magari, che a due millenni di distanza stanno ripercorrendo la via aperta dall’antica Roma.
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