Il Nas chiude la Casa Famiglia, gli ospiti rifiutano di andarsene

Albignasego, una giornata di tensione. Il controllo fa seguito a una segnalazione dell’Usl 6 Euganea. Il gestore: «Dopo tredici anni, ora chiuderò l’associazione». Ospiti in buone condizioni, ma le stanze sono ritenute troppo piccole

Gianni Biasetto
Un momento dell’intervento del Nas (foto Piran)
Un momento dell’intervento del Nas (foto Piran)

Chiusa venerdì mattina dai carabinieri del Nas, su segnalazione dell’Usl 6 Euganea, la Casa Famiglia “Sandra” di via Mameli, a Carpanedo di Albignasego.

Dopo una mattinata di tensione e disagi i sette anziani, tutti autosufficienti, ospiti della struttura gestita da Pietro Merola e dalla sua famiglia fin dal 2013, sono stati presi in consegna dai parenti.

Alcuni che vivevano in quei locali da 5-6 anni, periodo in cui avevano socializzato tra loro e soprattutto con i gestori, se ne sono dovuti andare a malincuore. E non senza tensioni.

Il motivo della chiusura sarebbe riconducibile ad alcune irregolarità presenti nel fabbricato, prima fra tutte la dimensione delle stanze non conforme alla normativa, l’accesso al piano primo mediante l’utilizzo di una scala esterna e altre manchevolezze, come l’assenza di un montascale.

Sul posto, messe a conoscenza del problema dai carabinieri, sono intervenute anche le assistenti sociali del Comune di Albignasego. Una volta constatato che non c’erano particolari criticità e che l’unico ospite di loro competenza, perché residente ad Albignasego, era stato preso in consegna dai parenti, hanno fatto ritorno in municipio.

Nel corso del sopralluogo i militari, come compare dal verbale, hanno trovato «gli ospiti tranquilli, ben vestiti e in buone condizioni igieniche».

Si riscontra anche come la onlus che ha la gestione effettui con gli ospiti varie attività ludiche. «Basta, chiudo l’associazione, così non si può andare avanti», sbotta da parte sua Pietro Merola. «Abbiamo iniziato l’attività nel 2013 con un progetto innovativo che non fa altro che riprendere il cosiddetto cohousing (progetto di partecipazione sociale, ndr), come associazione di volontariato io e la mia famiglia abbiamo creato questo sistema di inserimento dell’anziano: per non tenerlo fuori dalla famiglia, l’abbiamo inserito nella nostra. Gli anziani da noi partecipano a tutte quelle che sono le dinamiche familiari, mangiano con noi, vivono con noi, giocano a carte, guardiamo la televisione in compagnia. Nel 2015 avevamo avuto più o meno gli stessi problemi. Dopo un sopralluogo del dirigente dell’Usl che ha accertato il tutto, la questione si è risolta e abbiamo potuto continuare con l’attività», ricorda Merola, «anzi mi ha detto testualmente chi ha effettuato i controlli “se avessi un anziano glielo affiderei senza ombra di dubbio”».

Merola non pensava che a distanza di 10 anni si presentasse lo stesso problema: «I Nas si sono presentati ieri mattina dicendo che la struttura non è consona per rimanere attiva e che dovevamo sgomberarla. Nel senso che non ha le autorizzazioni necessarie per poter esercitare. Le autorizzazioni sarebbero quelle relative alla legge 22 sulla disabilità», chiarisce il gestore, «non abbiamo mai chiesto l’autorizzazione in base a questa legge, abbiamo creato questa associazione di volontariato, io sono volontario da 13 anni, non percepisco lo stipendio, mangio all’interno della struttura assieme ai nonni, sarebbe assurdo mi defilassi rispetto a loro. Ieri mattina sono arrivati in sei e ci hanno detto che dobbiamo chiudere e portare via gli ospiti. Con il legame affettivo che si è creato tra il sottoscritto e la mia famiglia con gli anziani in più di qualche anno di convivenza non me la sono sentita di cacciarli fuori di casa».

Le famiglie sono state informate del problema dalle forze dell’ordine e nelle prime ore del pomeriggio tutti gli ospiti avevano trovato una soluzione, ovviamente provvisoria considerato che molte famiglie sembra abbiano difficoltà ad accudirli altrimenti non si sarebbero rivolte alla Casa Famiglia “Sandra”. Merola, dopo quanto successo venerdì mattina, non sembra intenzionato a mettere mano alla struttura e proseguire con l’attività che lui e la sua famiglia hanno gestito per 13 anni tra mille difficoltà. «Chiudo tutto», le sue ultime parole.

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