Alborosie, il re dei due mondi del reggae
MARGHERA. La scena reggae italiana celebra il suo “eroe dei due mondi”. Sabato sera al centro sociale Rivolta di Marghera assieme ad Alborosie saliranno sul palco anche componenti delle più popolari band italiane in levare come Sud Sound System, Africa Unite e Lion D. Un vero concerto evento per omaggiare il più grande artista reggae italiano di tutti i tempi. Il suo nome è Alberto D’Ascola, nasce a Marsala e cresce nel profondo Nord, tra Milano e Bergamo. I dati anagrafici però quando si parla di Alborosie lasciano lo spazio che trovano, poco, perché a parlare sono soprattutto la sua musica e le sue hit mondiali: “Herbalist” e “Kingston Town”. Dopo aver fondato e lanciato i Reggae National Ticket, fa il grande salto. «Mollo tutto e vado in Giamaica» c’è chi lo dice per scherzo, Alborosie nel 2000 lo ha fatto davvero. Ambientarsi, da bianco, tra i dreadlocks di una delle città con il più alto tasso di criminalità e omicidi al mondo non deve essere stato facile. Come è stato l'impatto con la capitale Kingston? «Bisogna avere le palle, è una città che ti mangia» risponde «La violenza è rampante, sta crescendo, non posso certo dire che è come Lugano. Bisogna imparare a viverci tenendo gli occhi aperti, oggi non ho problemi. C'è un detto giamaicano che spiega tutto: i fantasmi sanno chi spaventare».
Tra le colline poco fuori Kingston c'è la casa di Alborosie: «Non aspettatevi palme, spiagge e cuba libre» precisa «qui ci sono traffico e smog. A due passi da casa ho lo studio di registrazione che sembra una vecchia officina». Tra il caos calmo del suo laboratorio artigianale accumula strumentazioni vintage di ogni tipo: «Sono un grande appassionato, ho il clavinet, rhodes, un hammond, 3 moog, riverberi a molla come quelli di king tubby. Sono messo bene». Qui sono nate le grandi hit, in bilico tra roots reggae e dancehall che rendono oggi Alborosie uno dei più apprezzati artisti della musica in levare a livello mondiale. Canta il ragamuffin nella lingua originale, il “Patois”: «c’ho messo 5 anni ad impararlo».
Come vede l'Italia da lontano dopo tutto questo tempo? «È un paese vittima di se stesso, i politici vengono votati dalla gente, se la gente pensa sbagliato i politici sono sbagliati. Sono sconcertato dal livello di corruzione: è come se le leggi le scrivessero con la matita». Per Alborosie, naturalizzato giamaicano, la religione ufficiale è quella dei Rasta: «Io sono un politico della marijuana, l'idea di criminalizzare e una pianta, legata ad un'ideologia molto antica per me è come l'Apartaheid: è un fatto abominevole che fa vergognare l’essere umano. Nella mia religione c’è un utilizzo spirituale della marijuana, dovrebbero riconoscerlo». La tua posizione sul tema dell'omofobia? «Anche quello è odio e discriminazione, non mi rappresenta». Cosa significa il titolo dell'ultimo album “Sound the System”? «Diamo musica al sistema» risponde, ma anche, semplicemente «Accendiamo l'impianto e facciamolo suonare». I fan, per l’unica data italiana del suo tour mondiale, non aspettano altro.
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