“Alchimia”, segreti e splendore

Dopo la pulitura l’opera di Pollock torna a Venezia con una mostra affascinante
Di Enrico Tantucci

di Enrico Tantucci

Non c’è nulla di casuale nell’esplosivo “gocciolamento” pittorico di Jackson Pollock, ma un caos attentamente governato dalla mente dell’artista.

Sono questi il risultato e la consapevolezza più importanti - rafforzando quanto la critica ha progressivamente sostenuto e quanto un occhio disattento tenderebbe invece a negare - che emergono dal restauro di . “Alchimia”, forse la sua opera più significativa, che è tornata a casa (la Collezione Guggenheim di Venezia, per cui Peggy la volle, ospitandola, in vita, nel suo salotto a Ca’ Venier dei Leoni) dopo una radicale pulitura compiuta dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, un vanto tra gli istituti italiani del restauro.

E che da oggi è al centro di una mostra - “Alchimia” di Jackson Pollock. Viaggio all’interno della materia”, aperta fino al 6 aprile - che ne svela, grazie anche a video, riproduzioni in 3D e schermi interattivi che ingrandiscono ogni particolare del telero, tutti i segreti e le recenti scoperte dovute proprio all’intervento di pulitura che ha rimosso soprattutto la polvere che si era deposita sul dipinto, alterandone, oltre che l’impasto cromatico, la stessa integrità compositiva.

Dopo la pulitura, come hanno spiegato ieri anche Luciano Pensabene Buemi, conservatore della Collezione Guggenheim e Roberto Bellucci, restauratore e conservatore dell’Opificio delle Pietre Dure insieme al direttore della Guggenheim Philip Rylands, il sistema di contrappunti e simmetrie delle bianche linee oblique che si bilanciano tra di loro e con quelle curve, le puntinature di colore sapientemente disposte, emergono come una rete nell’apparente disordine casuale provato dal “dripping”, lo sgocciolamento dei colori che Pollock praticava tenendo la tela direttamente a terra e lavorando sopra di essa, poggiata sul grande telaio da ricamo della madre Stella, nel suo studio di Long Island, nel 1947.

In “AlchimiaPollock usa tra l’altro per la prima volta colori industriali come il rosso, il blu e l’argento, che gli garantivano quella fluidità che cercava rispetto a quelli artigianali e anche una diversa resa materica.Tra le scoperte più interessanti dell’intervento di pulitura dell’Opificio, a questo proposito, quella che il dipinto è stato realizzato con 4,6 chilogrammi di materia pittorica, una quantità enorme se si pensa, ad esempio che un quadro rinascimentale dello stesso periodo ne conteneva in media soltanto tra i 200 e i 300 grammi.

E in mostra - accanto a fotografie che documentano la genesi del dipinto e video con Pollock al lavoro - compaiono tra l’altro i barattoli originali di quei colori industriali che cambiarono la pittura di Pollock e in parte la storia dell’arte del secondo Dopoguerra.

La mostra suggella anche un importante intervento di collaborazione tra la Guggenheim e il Ministero dei Beni Culturali, appunto attraverso l’Opificio delle Pietre Dure, applicato al restauro dell’arte contemporanea per un istituto celebre soprattutto per quello dell’arte antica.

Un progetto di ricerca che è il primo in assoluto di questo tipo in Italia e che ha visto coinvolto un team di oltre cinquanta persone tra studiosi, scienziati e conservatori di diversi istituti scientifici italiani.

La mostra documenta in ogni dettaglio questo viaggio all’interno di “Alchimia”, offrendone anche una riproduzione in 3D oltre a mostrarlo, senza vetro, così come Peggy lo teneva in casa, dopo essersi fatta convincere soprattutto da Piet Mondrian a “investire” nel ’43 su quel giovane artista.

E oggi con undici opere di Pollock, la Collezione Guggemheim è il più importante museo europeo dell’artista e la mostra dedicata ad “Alchimia” apre, di fatto, l’anno pollockiano della Guggenheim. Il 23 aprile sarà infatti presentato nella collezione veneziana il “Murale”, l’enorme capolavoro che Pollock realizzò per l’appartamento newyorkese di Peggy e centro focale della nuova mostra, accanto a quella retrospettiva dedicata a Charles Pollock, il fratello di Jackson, anch’esso pittore, che si aprirà lo stesso giorno a Ca’ Venier dei Leoni.

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