Ania racconta la sua conversione a trecento fedeli

di Nicola Cesaro
GRANZE
«Ora la mia vera droga è la preghiera per Maria». La Ania Goledzinowska vista a Granze è ben lontana dalla starletta che per anni ha occupato le riviste di gossip grazie agli amori, alle trasgressioni e al suo invidiabile fisico. L’ex modella polacca di 29 anni, ora convertita alla fede mariana, è arrivata lunedì in chiesa con un casto lupetto e senza trucco in volto. Più di 300 persone si sono presentate ad ascoltare la sua conversione nata dopo un viaggio a Medjugorje.
La storia. Nata in una povera famiglia polacca, orfana di padre morto per alcol, stuprata da uno dei clienti della madre, più volte arrestata, derubata da un poliziotto italiano, costretta alla prostituzione e «talmente drogata da dover leccare il pavimento alla ricerca di resti di eroina» dice. E’ un passato burrascoso quello della giovane. Che lunedì non ha negato neppure i tanti noti amori (anche con Paolo Enrico Beretta, nipote di Berlusconi).
La conversione. «E’ arrivata due anni fa, durante un viaggio a Medjugorje compiuto su consiglio di Paolo Brosio e di un editore – ha raccontato – Durante la Via Crucis ho sentito una voce che mi diceva di cambiare vita. Per quattro giorni non ho dormito. Poi ho strappato il mio contratto con il Billionaire di Porto Cervo, ho venduto macchina e casa di Milano e cinque mesi fa sono andata a vivere in un convento a Medjugorje. Ora pulisco i bagni e pelo le patate. E ho fatto un voto di castità. Non giudicatemi per il passato: il mio voto vale da oggi, non per ieri».
Il contorno. Il messaggio d’amore e di fede lanciato da Ania è forte. Ma qualcosa non convince. Per esempio il fatto che in chiesa non possano entrare i fotografi, ma che vi si possa comunque vendere liberamente il libro (edito da Piemme Mondadori al prezzo di 16 euro) che racconta la sua conversione. Oppure che la ragazza nel suo profilo Facebook accosti l’immagine di Maria a quella della copertina del suo libro, e inserisca tra i datori di lavoro la Mondadori e Gesù Cristo. Così come fa strano che, per poter parlare con lei della sua conversione, occorra rivolgersi ad una responsabile della casa editrice. Da quando i «convertiti» parlano per uffici stampa?
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