Anselmi, banchiere-eroe via senza la buonuscita

TREVISO. «Mi hanno detto che ho fatto un atto di coraggio. Mi fa un po’ sorridere. Credo di aver fatto un atto di civiltà». Beniamino Anselmi strappa definitivamente ed esce da Veneto Banca. Alcune settimane fa la decisione di lasciare il vertice, ma di rimanere all’interno del consiglio. Lui avrebbe guidato la trasformazione digitale delle due ex popolare venete fino alla fusione. Poi mercoledì la scelta a sorpresa, lasciare tutti i suoi incarichi. E la porta è stata presa senza un solo euro di buonuscita. «Quando ho accettato di diventare presidente di Veneto Banca – dice Anselmi - l’ho fatto perché la giudicavo una bella sfida. Ma io ho una visione operativa diversa da altri all’interno del consiglio e per quanto abbia ricevuto attestati di stima e affetto da tutti i dipendenti, che sono persone straordinarie E che stanno lavorando in un contesto difficilissimo, ho scelto di non continuare oltre».
La diversità di vedute non sarebbero state nei confronti dell’ad Cristiano Carrus, con il quale Anselmi ha sempre avuto un ottimo rapporto. Ma l’ex presidente pare abbia avuto da obiettare sul tema delle conciliazioni. Per lui, riferiscono alcune fonti, si starebbe aspettando troppo mettendo in difficoltà l’operatività della banca. Fare pace con i clienti, a Montebelluna come a Vicenza, è una delle priorità per riportare gli istituti nella loro nuova dimensione. Ma la via per la pace non è così semplice, non ci sono precedenti e le modalità sono tuttora allo studio. Anselmi avrebbe preferito una maggiore risolutezza su questo punto, senza nascondersi – affermano alcuni – dietro all’azionista Atlante.
Secondo quando uscito nelle scorse settimane la cifra per il ristoro dei soci sarebbe 600 milioni. Un valore molto superiore a quello circolato precedentemente che parlava di circa 400 milioni. L’altro tema sul tavolo è capire quanti saranno gli azionisti destinatari dell’azione e per quale percentuale della cifra persa. Visto che le azioni si sono praticamente azzerate. Come noto negli ultimi aumenti di capitale i titoli sono stati piazzati agli azionisti a prezzi siderali rispetto all’1 cent a cui poi sono crollati con l’ingresso di Atlante, 40,5 euro per Veneto Banca e 62,5 per Popolare di Vicenza. Le percentuali uscite parlavano di una forchetta di rimborso compresa tra il 10-15% e il 25% del valore di sottoscrizione degli ultimi aumenti. Nelle scorse settimane si ragionava su una quota di rimborso compresa tra il 10-15% e il 25% dei prezzi di sottoscrizione. È tutto da vedere se il livello verrà confermato. D’altronde se non si chiudono i conti con il passato, anche in previsione di un aumento di capitale che il fondo gestito da Quaestio sgr e il suo numero uno Alessandro Penati hanno ampiamente confermato, nessun investitore si avvicinerà mai ai dossier delle popolari venete. Senza dimenticare che la stessa Bce ha chiesto di archiviare al più presto le pendenze con i soci.
Nessuna dialettica invece tra Anselmi e parte del consiglio sul tema della fusione. «Io non sono mai stato contro questa operazione – dice ancora – non ero d’accordo con i tempi e sulle modalità di gestione del personale. Ma questo l’ho già detto più volte».
Il consiglio di Montebelluna per definire il percorso di conciliazione e le modalità si dovrebbe riunire tra la fine del mese e i primi dicembre, una data precisa ancora non c’è. Ma in Veneto Banca come in Bpvi il tempo è ormai finito. Da un pezzo.
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