Antonia Pozzi voce poetica spenta dal padre
PADOVA
E' il 13 febbraio 1912 quando nasce Antonia Pozzi, poetessa e fotografa: «le cose, le persone hanno un loro sentimento nascosto che l'obiettivo deve cercare di cogliere per dar loro eternità». In occasione del centenario della nascita di una delle poche grandi voci poetiche femminili del primo Novecento, Saveria Chemotti docente e delegata per la cultura e gli studi di genere dell’Università di Padova riflette sulla sofferta figura di donna e di scrittrice venerdì 2 marzo 2012 alle 17 in Aula Nievo con la conferenza aperta al pubblico: “La poesia di Antonia Pozzi come graphia del sé”.
Antonia scrive: « Io vengo da mari lontani/ io sono una nave sferzata/ dai flutti/ dai venti/ corrosa dal sale/ macerata dagli uragani...» e dalle sue poesie trapela un senso di inadeguatezza rispetto all'ambiente sociale, al volere di un padre autoritario che le negherà le cose più importanti: l'amore e la scrittura. L'amore per un uomo che Antonia ama con tutta se stessa e a cui deve rinunciare in nome del padre. Ma non basta. Non solo deve rinunciare all'amore ma anche alla scrittura. Le dicono di lasciar perdere, che scriverà solo quando sarà donna fatta. Antonia scrive: «io temo che una vera donna non sarò mai».
Antonia coltiva il senso del sacrificio e della rinuncia per compiacere il padre. Scrive Saveria Chemotti: “La conferma di questo violento protagonismo autoritario del padre si manifesta con particolare disumanità e ferocia soprattutto dopo la sua morte, quando egli pubblicò una raccolta di poesie della figlia intitolata Parole di Antonia Pozzi”. Poesie rimaneggiate da lui: dopo la morte della figlia egli prenderà le sue poesie, le correggerà e le pubblicherà “purificate”; eliminando e scartando intere liriche per divulgare un ritratto della figlia che ne proteggesse l'immagine, ai suoi occhi, compromessa dal tragico suicidio della poetessa.
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