Archiviata l'indagine su due medici
E' stata archiviata l'inchiesta che ipotizzava a vario titolo, i reati di corruzione, abuso d'ufficio, truffa e concussione. L'indagine vedeva indagati Giuliano Menaldo, primario di Otorinolaringoiatria all'ospedale di Rovigo, residente a Padova in via Dall'Arzere 18 bis, Giada Zoso, 32 anni, residente a Padova in via Montini 5, medico chirurgo specializzato in audiologia e foniatria e Paolo Stefani, nato a Treviso e residente a Breda di Piave in via Mario Monaco 26, responsabile Amplifon per il Veneto. A chiedere l'archiviazione è stato lo stesso pubblico ministero di Rovigo Dario Curtarello, accolta dal gip Alessandra Testoni. Quindi sono cadute tutte le presunte accuse. L'indagine condotta dai carabinieri del Nas di Padova insieme ai colleghi del reparto operativo di Rovigo e riguardava la prescrizione di apparecchi acustici. L'inchiesta nasce nei primi giorni del 2010 da un esposto giunto in procura, circostanziato al punto da muovere gli investigatori. Questi hanno raccolto elementi e testimonianze, riscontrando un sistema di favori e compensi ai medici coinvolti per prescrivere apparecchi di una determinata azienda piuttosto che un'altra. Gli apparecchi costano in media quattro, cinquemila euro e l'affare è assicurato. Secondo quanto ipotizzato dagli investigatori Menaldo, primario di Otorinlaringoiatria, si sarebbe avvalso della collaborazione di un altro medico (Giada Zoso) per indirizzare i pazienti verso Amplifon. Che, in questo modo - stando alle indagini -, beneficiava di tutte le richieste di protesi acustiche provenienti dagli ospedali di Rovigo e di Trecenta. Tra i diversi reati che erano contestati ad uno dei due medici in questione, c'è anche quello di truffa aggravata ai danni dell'azienda Usl 18. Poiché, durante la libera professione intra moenia il professionista avrebbe utilizzato il personale tecnico audiometrista del reparto, fatturando esclusivamente a suo favore l'intera prestazione. Si ipotizzava anche di un clima intimidatorio all'interno del reparto. Così diceva l'esposto dimostratosi infondato.
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