Arslan rivela: «Il mio terzo atto della saga armena inizia dalle luci... »

Con il ricordo di quando papà Kaiel disse: «Stasera in città riaccendono le luci» e portò moglie e figli a vedere Padova di nuovo illuminata dopo la fine della guerra, avrà inizio il terzo libro...
Di Adina Agugiaro

Con il ricordo di quando papà Kaiel disse: «Stasera in città riaccendono le luci» e portò moglie e figli a vedere Padova di nuovo illuminata dopo la fine della guerra, avrà inizio il terzo libro della saga armena di Antonia Arslan dopo “La masseria delle allodole” e “Verso Smirne”.

«Fu un momento di gioia nella vita reale ed altamente simbolico per tutti noi, abituati a squarci di luce nelle tenebre solo quando erano le bombe a distruggere intere zone di Padova, tra cui la clinica di nonno Yervant», ricorda la scrittrice «mesi fa ero in viaggio e mi portavo dietro uno dei quadernoni su cui scrivo la prima versione dei romanzi. Due giorni prima, dall’ultimo piano della mia casa, guardando dall’alto avevo “visto” tutto ciò che era accaduto dopo il termine del conflitto: il ritorno a casa da Dolo, dov’eravamo sfollati; la malattia di mio fratello Edoardo; le morti del nonno paterno Yervant e di quello materno Carlo Marchiori, che mi adorava come prima nipotina della sua unica figlia. Ho iniziato così a buttare giù le prime righe del testo: che non tratterà più di cose tramandate sulla mia famiglia d’origine, ma ne recupererà le esistenze in tempi più recenti. Completando il racconto delle vite di nonno Yervant, di zia Henriette e che darà spazio anche alla mia. Un andare avanti e indietro dei ricordi della bambina, che invecchiando guarderà al tempo trascorso per descriverne i momenti più salienti». Quando le chiediamo quali sentimenti s’accompagnino al dire di sé, ci risponde: «Sentimenti di scoperta, il riuscire a capire perché il senso della luce era legato in me alla morte del nonno Carlo; come il precoce leggere libri, forse non ancora adatti alla bambina che ero quando li ho presi in mano abbia influito sulla mia visione della vita. Penso a Kafka e a “1984” di Orwell: come non presupporre che la terribile visione del futuro pronosticata nel libro abbia segnato la mente della undicenne di allora, permeando di sè la mia percezione della tragedia armena? Mi rendo conto, scrivendo oggi, di come le cose che dormivano nel mio profondo stiano salendo in superficie, dipanandosi».

Questo libro segnerà l’epilogo della trilogìa armena, che tanto successo ha riscosso, regalandole una notorietà internazionale ? «Così ho creduto sino a poco tempo fa», conclude Antonia Arslan «ma è cosi vasto il materiale che mi si sta accumulando all’affiorare dei ricordi, che quasi certamente dovrò fare loro spazio in un quarto libro».

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