Assoluzione piena per il ginecologo Mario Chizzolini

Nessuna circonvenzione d’incapace. Il verdetto del giudice Domenica Gambardella è stato chiaro: assoluzione per non aver commesso il fatto. Un verdetto che, al termine di un processo durato quattro lunghi anni, ha provocato il pianto dell’imputato, il dottor Mario Chizzolini, 58 anni, responsabile del servizio di ginecologia nella clinica privata “Villa Maria” e specialista con studio privato in via San Fermo. A difenderlo l’avvocato Alberto Di Mauro che aveva sollecitato l’assoluzione reclamata anche dal pm Vartan Giacomelli. Vicenda quasi kafkiana quella di cui è stato protagonista il medico, finito sotto inchiesta quando un’amica di famiglia settantenne, M.B., in cura nella 2° Servizio psichiatrico dell’Usl 16 si lamenta del comportamento del dottor Chizzolini. E si sfoga: l’avrebbe raggirata non avendo più la possibilità di entrare in possesso dei suoi averi. Il 21 aprile 2006 aveva sottoscritto un fondo d’investimento United Linked dietro il pagamento di 195 mila euro con la società Azimut Consulenza Slim: dopo di lei, beneficiario-investitore, il dottor Chizzolini risultava secondo beneficiario; esclusi i parenti con i quali non correva buon sangue (compresa la sorella che si è costituita parte civile al processo). Alla fine del 2006 la donna, oggi incapace di intendere e di volere, comincia a star male affetta da una grave depressione sullo sfondo di tratti di personalità dipendente come rivelerà il professor Giovan Battista Traverso, consulente della procura. Tanto basta perché dal servizio di Psichiatria sia trasmesso un esposto all’Ordine dei medici e alla procura che avvia un’inchiesta destinata a chiudersi con il rinvio a giudizio. Nell’aprile 2009 si apre il processo e da allora, in aula, sfilano una decina di testimoni pronti a ricostruire come la donna fosse autonoma e presente a se stessa fino (e oltre) al momento della stipula del contratto con una vita scandita da viaggi e rapporti interpersonali che, solo in seguito, cambierà con l’emergere della malattia. Il medico si difende. E spiega che, su richiesta, si era limitato a fornire consigli su possibili buoni investimenti e a presentare all’amica il promotore finanziario di fiducia. Di essere beneficiario del fondo, nulla sapeva. Peraltro non sarebbe stato facile incassare i soldi: l’interessata avrebbe dovuto dare il proprio assenso e, in caso di morte, la procedura tramite atto pubblico sarebbe stata complessa. «Giustizia è stata fatta» commenta l’avvocato Di Mauro, «Certo per il dottor Chizzolini questo processo è stato un calvario. E, come professionista, per anni sotto accusa, ha avuto un danno enorme di fronte a colleghi e a pazienti, vivendo un’esperienza di forte sofferenza».
Cristina Genesin
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova