Bagnasco: «I preti infedeli sono motivo di dolore»

PADOVA. «Episodi di infedeltà al ministero e di oggettivo scandalo sono motivo di dolore». L’ha affermato a nome dei vescovi italiani il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, la Conferenza episcopale italiana, che nella prolusione al Consiglio Episcopale Permanenet è sembrato fare riferimento ai gravissimi episodi avvenuti nella parrocchia di San Lazzaro ma anche a quanto documentato nel libro-inchiesta “Lussuria” di Emiliano Fittipaldi. Il cardinale ha però tenuto a sottolineare che l’emergere di queste nefandezze «non fanno comunque venir meno la stima e l’ammirazione per il Presbiterio nel suo complesso».
Bagnasco ha anche ricordato che la prossima assemblea della Cei, che si terrà in maggio, ha tra i suoi temi «il rinnovamento del clero a partire dalla formazione permanente».
La chiave di volta di un rinnovamento dei preti italiani è rappresentata, ha rilevato, dalla «relazione di amicizia con il Signore: non esiste un pascere il gregge che non sia sostanziato dall’incontro personale con Gesù Cristo, un rapporto che avvolge tutte le dimensioni dell’esistenza, e giustifica la consegna di sé nell’obbedienza, nella piena castità e in uno stile di distacco dai beni materiali».
Non è la prima voce forte che si alza dalla Chiesa in questi giorni di grave imbarazzo dovuto alle vicende che ruotano attorno a don Andrea Contin e don Roberto Cavazzana che hanno gettato discredito sulla comunità pastorale padovana (il primo rischia anche pesanti ripercussioni legali).
Il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, ha scritto una lettera aperta che domenica è stata letta in tutte le parrocchie della diocesi che lui considera “terra santa”.
E anche il 4 gennaio scorso il presule aveva scritto agli oltre mille sacerdoti padovani sollecitando, proprio alla luce «dello strazio dei preti che si sentono screditati, lo sconcerto di una comunità e di tutte le comunità cristiane, cui viene tolta la fiducia», la ricerca di una crescita, come «il Signore che viene per mischiarsi tra noi, per impastarsi col nostro fango, per crescere insieme con noi». Il vescovo ha poi ricordato che «ogni prete è responsabile del fratello presbitero e diacono. Ognuno è chiamato a “leggere” le assenze e i vuoti come segnali di disagio e di malessere».
E ha ammonito i sacerdoti: «Chi avesse intrapreso iniziative di carattere economico e partecipasse ad attività di impresa senza l'autorizzazione canonica deve parlarne subito con il vescovo».
Tornando a Bagnasco, ha detto che «la fraternità presbiterale impegna vescovo e preti in esercizi di comunione, condivisione e corresponsabilità pastorale», mentre «l’anima del ministero rimane la carità pastorale, segno di un sacerdozio consacrato a essere presenza di Gesù buon Pastore. Di tale carità è parte la stessa amministrazione dei beni ecclesiastici: richiede la partecipazione corresponsabile della comunità, insieme a mentalità e procedimenti corretti e virtuosi, all’insegna della chiarezza e della trasparenza».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova