Banche, spariti sportelli e posti di lavoro In tre anni mille dipendenti in meno

Allarme del sindacato Fabi: «Una desertificazione che colpisce soprattutto le periferie. Così si spiana la strada alla malavita»
TOME’-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - FOTO BANCA UNICREDIT
TOME’-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - FOTO BANCA UNICREDIT



Mille dipendenti e oltre 100 sportelli in meno per il sistema bancario padovano tra il 2015 e il 2018. Un lungo percorso di crisi e di razionalizzazioni organizzative che, per i sindacati, rischia di esporre il territorio a potenziali ingressi della malavita nel sistema del credito. «La cifra sale addirittura a 200 sportelli (oltre 657 contro gli attuali 463) rispetto al 2009» spiega Emanuele De Marchi, segretario della Fabi locale. «Un’enormità che ha depauperato intere aree, soprattutto periferiche, della nostra provincia. Una volta in ogni paese c’era una chiesa, una banca e una farmacia, ora non è più così. Quel punto di riferimento per l’accesso al credito di famiglie e imprese, soprattutto le più piccole, quelle artigiane, va scomparendo e rischia di lasciare il posto, in aree meno presidiate a fenomeni come quelli dello strozzinaggio e della criminalità. I grandi gruppi fanno miliardi di utili ma invece di reinvestire e fare banca nel senso classico del termine, con il presidio del territorio e con il credito, preferiscono tagliare sui costi e sul personale, chiudendo filiali e abbandonando a se stesse aree intere del Paese».

Unicredi e non solo

A chiudere, secondo Fabi, sono state soprattutto gli istituto del circuito Abi, quelle grandi banche prestigiose che vanno sotto il nome di Montepaschi, Veneto Banca e Popolare di Vicenza, Intesa Sanpaolo, Carige ed ora Unicredit. Quest’ultima ha infatti annunciato nei giorni scorsi un piano di tagli che coinvolgerà, solo in Italia, oltre 6000 dipendenti, una scelta che i sindacati respingono al mittente in toto. «Siamo pronti alle barricate contro una politica calata completamente dall’alto, senza alcuna logica territoriale o industriale che non sia quella di garantire una crescita degli utili a breve termine» ha detto Marco Muratore, dipendente di Unicredit e segretario della Fabi di Verona, reduce dal Consiglio Nazionale del sindacato a Milano conclusosi venerdì pomeriggio. «Una politica che è il prosieguo di quella degli ultimi semestri in cui a chiudere sono state decine di filiali in territorio veneto, Padova compresa. Ipotizziamo che un’operazione di questo genere possa prevedere la chiusura di 400 o 500 sedi periferiche a livello nazionale. Non lo sappiamo perché l’operazione non è figlia di una razionalizzazione calibrata ma di una decisione presa dall’alto e finalizzata solo a fare cassa. Ma per Unicredit non sarà facile. A queste condizioni non firmeremo alcun accordo per l’utilizzo del Fondo Esuberi. E non ci limiteremo a questo: adotteremo tutte le modalità di lotta che la legge consente per evitare questo scempio».

meno lavoro più stress

E se si attende un inverno caldo per Unicredit anche nel Padovano, il calo complessivo degli sportelli (-18%) e dei dipendenti (-17%, dai 5. 564 del 2015 ai 4. 588 del 2018) è andato di pari passo con un contemporaneo aumento dell’utilizzo dello straordinario. «Lo straordinario è in forte aumento nel settore, con punte anche superiori al 20%» spiega il segretario della Fabi di Padova. «Una dimostrazione di come la rete bancaria del territorio è già in sofferenza. Ma non solo: la progressiva modifica degli obiettivi operativi imposti alle filiali, che si stanno trasformando in una stazione di vendita di prodotti finanziari e assicurativi, incrementa lo stress dei lavoratori e fa impennare, fino a 10 volte tanto, anche l’utilizzo degli strumenti di sanzione. Se 10 anni fa le contestazioni disciplinari erano un caso raro ora ci troviamo a gestirne almeno una a settimana. Il sistema bancario è in grave difficoltà e non per una crisi strutturale, come testimoniano gli utili registrati dai grandi istituti negli ultimi anni, ma da scelte poco assennate e miopi di certi grandi manager aziendali che rimangono nel ruolo per pochi anni e passano poi agli istituti concorrenti riproponendo la stesa ricetta». —





Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova