Baone adotta lo Sprar e a Rivadolmo chiude il centro accoglienza
I 22 profughi destinati ad altri hub gestiti da Percorso Vita Gli 8 nuovi ospiti in arrivo saranno alloggiati in parrocchia

BAONE. Lo Sprar “fa chiudere” il centro di accoglienza di Rivadolmo. Nei giorni scorso il centro profughi di via Padova ha chiuso i battenti e i 22 ospiti hanno lasciato la frazione di Baone. I richiedenti asilo erano arrivati, tra le polemiche, nel novembre 2014 e ora sono stati destinati ai centri gestiti da Percorso Vita Onlus, la cooperativa di don Luca Favarin che aveva la responsabilità della casa di Rivadolmo. A dare la notizia è stato il sindaco Luciano Zampieri, che ha spiegato il perché di questa chiusura: «Questo epilogo è stato determinato dall’adesione del Comune di Baone al progetto Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, attivo dallo scorso mese di aprile. Questo progetto ha previsto la presenza di 8 immigrati, ospitati nella canonica della parrocchia di Rivadolmo. Il progetto - che consente di gestire l’accoglienza nei confronti delle persone che hanno ottenuto il riconoscimento di rifugiato politico e che sono quindi in possesso di regolare permesso di soggiorno, consentendogli, alla fine del percorso, di integrarsi pienamente nella società - è stata anche una scelta per tutelare il territorio da situazioni di accoglienza fuori controllo, come successo in precedenza».
In base al Piano operativo condiviso da Ministero dell’Interno e Anc (l’associazione nazionale dei Comuni italiani) nel 2016, una “clausola di salvaguardia” rende esenti i Comuni che appartengono alla rete Sprar dall’attivazione di ulteriori forme di accoglienza, qualora il numero di posti Sprar soddisfi la quota di posti assegnata dal Piano (2,5 immigrati per 1.000 abitanti). «Considerato che il progetto Sprar è attivo con un numero di posti che soddisfa il requisito», continua Zampieri, «al Comune di Baone non potranno più essere assegnati posti di accoglienza straordinaria. Speriamo che il caso di Baone possa far cambiare idea a tutti quei Comuni che nella nostra provincia continuano ostinatamente a rifiutarsi di gestire, anche con un numero limitato di presenze, il fenomeno inarrestabile della immigrazione, lasciando il proprio territorio in balia di arrivi emergenziali, che prima o dopo si potranno verificare».
«Ce ne andiamo in un clima assolutamente tranquillo», commenta don Favarin. «Le comunità si aprono e si chiudono come è naturale che sia, a volte anche dopo pochi mesi».
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