Battaglia al Tar sul caso Litta «Danno al Bo», «No è fiction»
Prima udienza intensa e a tratti accesa quella celebrata davanti alla prima sezione del Tar del Veneto chiamato a valutare l’istanza di annullamento della sospensione per un anno comminata a Pietro Salvatore Litta dall’Università, che ha ritenuto la condotta del chirurgo ginecologo “lesiva dell’immagine del Bo” e meritevole di una sanzione la cui gravità, nella gerarchia disciplinare accademica, è seconda solo al licenziamento. Un caso innescato nel gennaio scorso dal reportage della trasmissione “Petrolio”, allorché una giornalista di Raiuno – fintasi paziente – ha incontrato il medico nella clinica privata Cittagiardino sollecitando un intervento urgente di chiusura delle tube e ricevendo una richiesta di 2 mila euro in nero in cambio di “una corsia preferenziale” nella lista d’attesa operatoria.
Così la Procura della Repubblica ha indagato Litta per peculato e l’Azienda ospedaliera l’ha sospeso dal servizio di assistenza, imitata dall’ateneo che l’ha «esonerato» dall’attività didattica e di ricerca. Un provvedimento adeguato e giustificato, secondo l’avvocato dello Stato di Simone Cardin che in aula ha riassunto e ribadito le ragioni del Collegio di disciplina dell’università padovana (coordinato dalla giurista Matilde Girolami) sottolineando la serietà del lavoro istruttorio svolto dai docenti-giudici, anche in contraddittorio con l’interessato, e sollecitando il tribunale amministrativo presieduto da Maurizio Nicolosi (nell’occasione giudice relatore) a rigettare la richiesta di annullamento.
Ben diversa l’opinione di Alfredo Bianchini, veterano del foro di Venezia, che ha parlato di «fiction giornalistica, frutto dell’abile capacità di trasformare uno studio medico in un set, così da allestire uno spettacolo mediatico stile Iene e Striscia la notizia». Nella circostanza, secondo l’amministrativista, «aldilà dei dubbi sull’effettiva richiesta di denaro», non è possibile parlare di esercizio della professione da parte del ginecologo: «La presunta paziente non era tale, l’esigenza medica dichiarata era fasulla né tanto meno sussisteva alcuna urgenza chirurgica», perciò «viene meno ogni materia disciplinare».
«A fronte di una situazione così artefatta», le parole di Bianchini «è opportuno un atteggiamento di cautela. Viceversa, la sanzione comminata a carico di un uomo di 66 anni, privato dello stipendio per un anno e impossibilitato a svolgere attività privata, appare brutale nell’entità e devastante nella conseguenze». Tant’è. L’udienza di Venezia aveva carattere cautelativo, non di merito. Ciò significa che i giudici si esprimeranno in tempi rapidissimi – oggi stesso o al più tardi domani – circa la sospensione d’urgenza richiesta da Litta, rinviando alla fine dell’anno (o all’inizio del 2019) la sentenza definitiva sul provvedimento accademico.
Bocche cucite al Bo (il rettore Rosario Rizzuto, oltretutto, è in missione istituzionale in Australia) si profilano due possibili scenari. Se il ginecologo la spunterà, potrà riprendere ipso facto la sua attività didattica e di ricerca. Viceversa ne resterà escluso in attesa del giudizio finale di merito. L’ordinanza del Tar, in ogni caso, potrebbe “suggerire” al Bo una rimodulazione della sanzione, se giudicata severa all’eccesso. Presto il dado sarà tratto. —
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