Bitonci: «Vado tra la gente Mi spoglio di tutti i simboli»

Il capogruppo della Lega al Senato: «Il voto ha detto che c’è voglia di cambiare» «La sicurezza ha pagato, ma non solo. Rossi? Troppe promesse non mantenute»
Di Stefano Edel

«La testimonianza più bella? Una signora è venuta a dirmi che mi ha votato dopo essere andata a fare un giretto a Cittadella. Ha chiesto in giro informazioni e tutti le hanno parlato bene del sottoscritto. Così si è convinta che potrei essere utile anche a Padova da sindaco». Sono passate da poco le 18, e in piazza delle Erbe Massimo Bitonci passeggia soddisfatto: in molti si fermano e lo ascoltano mentre rilascia le prime interviste dopo un quarto dello spoglio, altri gli stringono la mano e lo invitano a non mollare, sino a quando spunta, a sorpresa, il suo successore alla guida dell’amministrazione della città murata, l’avvocato Giuseppe Pan, eletto un anno fa al primo turno con il 56 % dei voti. Abbraccio e pacca sulle spalle, poi il capogruppo al Senato della Lega Nord rientra nel suo punto elettorale.

Altro che distanza siderale da Ivo Rossi, come lasciavano intendere le previsioni della vigilia e alcuni sondaggi evidentemente poco calibrati, il candidato del Carroccio e di Forza Italia, più altre quattro liste collegate (compresa la sua), è lì, due punti sotto il sindaco reggente e, dunque, più che mai in corsa per insediarsi sulla poltrona più ambita di Palazzo Moroni. Per lui, ormai 49enne (compleanno il 24 giugno), nato in via Facciolati ma residente con la moglie Gianna e i figli Daniel, 12 anni, e Alia Antonietta, 8, a Cittadella, di cui è stato primo cittadino per un decennio, «non c’è niente da festeggiare, mi rimetto subito al lavoro. Vado al ballottaggio e mi spoglierò di tutti i simboli di partito per tornare a parlare alla gente».

Voglia di cambiamento. Sorpreso? No, affatto, anche se «fino a due settimane fa non si sapeva chi sarebbe andato a giocarsi la sfida decisiva con Rossi: il sottoscritto, Saia, Fiore o l’esponente dei 5 Stelle. Ora che i cittadini hanno scelto - e non faccio polemica sul punto o due di differenza che ci separa, fa sorridere - mi convinco ulteriormente che Padova ha voglia di cambiare. Essere appaiati o quasi, peraltro in un quadro della politica nazionale non favorevole al centrodestra, significa che, pur con il dato del 42% di preferenze al Pd nelle europee, molti elettori di sinistra hanno deciso di puntare su un amministratore di esperienza».

Sindaco di tutti. Lo ripete spesso, per essere ancora più convincente: «Voglio essere il sindaco di tutti i padovani, sia di chi mi ha votato sia di chi non lo ha fatto, e lo sarò in modo trasparente, onesto e pulito, con grandi rinnovamenti, guardando al futuro». Conferma che, se verrà eletto, lascerà Palazzo Madama a Roma (i due ruoli sono incompatibili). Quanto al successo, in termini di voti, della lista Bitonci, ribadisce: «Questo fa capire quanto siano importanti, a livello amministrativo, le persone più dei simboli di partito. Dovrebbero riflettere le forze politiche tradizionali».

Sicurezza, ma non solo. Perché tanti consensi? Perché - è la risposta - sono stati i temi discussi in mezzo alla gente a far pendere la bilancia dalla sua parte. Primo argomento: la sicurezza. «Abbiamo spiegato all’inizio della campagna elettorale qual è la ricetta giusta per questa città, insistendo sul fatto che il sindaco ha un ruolo importante, non si può demandare tutto agli altri. Si cominci prima dalla pulizia delle strade, Padova è sporca. Poi c’è il degrado dei quartieri. I migliori risultati per noi vengono dai quartieri dove ci sono i campi-nomadi. L’amministrazione attuale aveva promesso di chiuderli, ma non ha fatto niente. Mai sbilanciarsi in promesse che poi non si mantengono perché il cittadino se ne accorge». Pure su altri argomenti Bitonci è sicuro di aver colpito al cuore i padovani: «Abbiamo parlato di ospedale, di stazione, della Stanga, di infrastrutture, del Grande raccordo anulare, dell’Arco di Giano, tutte questioni che fanno capire come il nostro programma sia serio. Non ci nascondiamo i problemi, come via Giustiniani che taglia in due il complesso ospedaliero, o le fognature a Forcellini. Danno fastidio? Non importa, si faranno e vedrete che gli abitanti di quella zona ci ringrazieranno perché non avranno più gli allagamenti».

Parlo con Fiore. Apparentamenti futuri? Non si sbottona, il senatore leghista, sulle possibili alleanze. Lo hanno visto parlare con Fiore, «ma lo faccio da tempo, anche perché a tutti gli incontri a cui ho partecipato lui c’era e Rossi no». Difficile, però, ipotizzare un patto fra i due. «Varie questioni mi accomunano con altri candidati», conviene Bitonci (anche se non chiarisce quali), «ma vorrei far notare che in moltissime schede si è votato il sindaco, non il partito».

Rossi e le inaugurazioni. L’ultima risposta è per l’avversario con cui si misurerà l’8 giugno: «Avrebbe dovuto risparmiarsi le inaugurazioni degli ultimi 15 giorni, chi ha fatto il sindaco come me sa benissimo che i cittadini non si fanno prendere in giro. Una spazzata su una strada, una riga in più per terra o l’apertura di un ponte pedonale, costringendo a lavorare gli operai anche il 1º maggio, non mi sembrano il massimo. Un sindaco deve predicare bene, ma anche razzolare altrettanto bene».

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