Braccialetti tossici, maxi sequestro

Sono dei piccoli ciondoli di plastica gommata e i bambini li adorano perché con questi possono costruire anelli e braccialetti. I cinesi sono entrati di prepotenza in questo mercato ma visto che il prezzo per ogni singola bustina è bloccato (1 euro e 50 cent) cercavano di aumentare il margine di guadagno risparmiando sulla fattura. Usavano la plastica da discarica, la fondevano e realizzavano i ciondolini colorati. La Guardia di Finanza di Padova ha eseguito un sequestro record: 170 milioni di braccialetti tossici per un valore che supera i 10 milioni di euro. L’importatore è un giovane imprenditore cinese con residenza a Noventa Padovana e magazzino a Vigonza. Perquisizioni sono state fatte al Centro Ingrosso Cina di corso Stati Uniti, al Lin Market di Quinto di Treviso (via Postumia 12) e nel negozio Jindar Trading di Mira (via Romea 62).
Indagine partita da Padova
È l’inchiesta più grossa condotta in Italia sulla sicurezza dei prodotti e tutto è partito da Padova grazie al fiuto di due sottufficiali delle Fiamme gialle. Gli uomini del Nucleo Tributario del tenente colonnello Giovanni Parascandolo si sono fermati a osservare le bustine esposte negli scaffali e si sono insospettiti di fronte a quel marchio “Ce” non conforme a quello originale. Hanno preso il via gli accertamenti e nel giro di qualche giorno è scattato il primo sequestro amministrativo di oltre 4 mila pezzi, con tanto di prelievo di campioni da inviare all’Istituto Italiano di Sicurezza dei Giocattoli.
L’allarme dopo le analisi
Per la prima volta la Camera di Commercio di Padova si è accollata la spesa delle analisi di laboratorio (8 mila euro), da cui è emersa la presenza di ftalati tossici in misura cento volte superiore al massimo consentito dalla normativa. A quel punto i finanzieri si sono messi in moto per ricostruire il tragitto compiuto dalle merci, dall’ingresso in Italia fino alla vendita. I prodotti sono entrati dal porto di Barcellona e sono stati consegnati alla ditta N3Ñ4 Srl di via Francia 9/A a Vigonza, azienda intestata a Chen Zhaowei, imprenditore cinese di 27 anni che ora si trova una denuncia penale sul groppone. Dalla sua azienda di Vigonza i prodotti sono stati distribuiti al Centro Ingrosso Cina alla Inte Srl e in alcuni negozi del Nordest, tra cui quello di Quinto di Treviso e quello di Mira. I militari sono riusciti a bloccare 170 milioni di piccoli elastici con marchio “Krazy Looms” ma non è escluso che altre partite siano finite in vendita nei negozi. Una curiosità: l’imprenditore cinese con un giro d’affari di questa portata nel 2013 aveva dichiarato al Fisco 10 euro. Quando i finanzieri si sono presentati a casa sua hanno trovato ad attenderli due avvocati: uno italiano e uno cinese, entrambi di Prato.
L’appello
«Fate attenzione. Cercate le indicazioni in lingua italiana. Cercate il marchio “Ce”» è l’appello del tenente colonnello Parascandolo che continua: «Per contrastare questo “sistema” serve prima di tutto un cambio culturale. Bisogna insegnare ai figli la cultura della legalità: meglio spendere un euro in più ma con la consapevolezza di rispettare la legge».
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