Bunker e rifugi antigas sotto il rettorato al Bo

Durante la seconda guerra mondiale ci si riparava dai bombardamenti Viaggio nelle stanze e nei cunicoli dove si nascondevano i residenti del centro
Di Alice Ferretti

Una Padova sotterranea che in pochi conoscono. È quella dei bunker, dei rifugi antiatomici e antigas della prima, ma soprattutto seconda guerra mondiale. Dopo i cunicoli sotterranei di palazzo Santo Stefano in piazza Antenore, sede della Prefettura e della Provincia, continua il viaggio in questo mondo affascinate e ricco di storia. Quasi nessuno lo sa, perché l’accesso non è consentito, ma sotto al Bo, sede per eccellenza dell’università, si nascondono rifugi antigas e antiatomici risalenti alla seconda guerra mondiale. I sotterranei dove trovavano un luogo sicuro in cui stare durante i bombardamenti della città donne, uomini e bambini, si snodano proprio sotto il rettorato. Vi si accede tuttora da qui. Ci sono delle scale che portano in un luogo interrato.

Basta aprire una porta, scrupolosamente chiusa a chiave, per sentirsi catapultati in un altra epoca. Neppure il tempo di entrare che subito si para davanti agli occhi una porta blindata antigas verde militare, tipica dell’epoca e del tutto simile a quelle che si trovano sotto a palazzo Santo Stefano. L’insegna sopra alla targa parla chiaro: “Porta antigas”. Qui si nascondeva chi cercava la salvezza dalla ferocia della guerra. «La capienza di questo rifugio antigas era di appena 20 persone» spiega la professoressa Marta Nezzo, docente specializzata in Museologia e Critica artistica e del restauro dell’Università degli Studi di Padova. «Il problema principale era la mancanza di qualsiasi tipo di collegamento tra l’interno del rifugio e l’esterno. Non era facile capire se era arrivato il momento di uscire dal bunker o se era il caso di aspettare ancora un po’ di tempo prima di riaprire la porta». Dal primo rifugio si accede a un’altra porta, anche questa antigas, oggi protetta da una seconda porta di legno a tavole, sicuramente di epoca successiva. All’interno sono conservati diversi scatoloni, appartenenti all’archivio dell’università. La capienza della stanza è più o meno come quella immediatamente precedente. Ma lo storico mondo sotterraneo sotto il rettorato del Bo non è finito così. C’è infatti una terza zona che si snoda in cunicoli e stanze basse e dalla volta a botte. Altri rifugi, non antigas ma probabilmente antiatomici. Mancano infatti le tipiche porte blindate verdi ma gli spazi, piuttosto grandi e uno in infilata all’altro, suggeriscono come tutta quest’area possa essere stata utilizzata durante la seconda guerra mondiale. Sicuramente la capienza era molto maggiore rispetto alle stanze antigas. Qui ci potevano stare almeno un centinaio di persone. «Nei sotterranei del Bo non trovava riparo solo chi faceva parte dell’università, ma anche la popolazione di civili che si trovava in zona durante l’allarme bombardamenti» continua la professoressa Nezzo.

Ora all’interno di questi cunicoli e di queste grandi stanze non c’è nulla. Sono vuote e non ci entra mai nessuno. Solo una piccola area chiusa da una porta a griglie di ferro è occupata da grandi scaffali di legno chiaro. Sopra ordinatamente deposti oggetti appartenenti all’università e risalenti a diversi periodi storici. Ci sono un cinematografo, qualche baule e secchiello di rame, alcuni incartamenti arrotolati a mo’ di pergamena e altri oggetti. In pratica tutto ciò che, probabilmente di minor interesse, non è andato a finire nei musei. Questo è il Bo sotterraneo, e questi sono i luoghi che chi viveva a Padova durante il periodo di guerra, soprattutto se nella zona del Liston, non avrà certo mai dimenticato. Luoghi di terrore e allo stesso tempo di salvezza. Posti da cui si usciva dopo ore e ore senza sapere se la propria casa avesse retto l’urto dei bombardamenti o meno. Memorie che forse andrebbero valorizzate, magari rendendole accessibili a tutti, come avverrà nel giro di un anno sotto la Prefettura, dove è già stato approvato un progetto della Provincia da 300 mila euro per rendere la zona polo museale.

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