BusItalia taglia su tutto, anche sulle visite mediche degli autisti

PADOVA. Due milioni e mezzo di deficit nel 2014. Zero nel 2015. Ma sotto la medaglia d’oro al risparmio - conseguita con il conto consuntivo dell’anno scorso ed esibita l’altro ieri con orgoglio da BusItalia - c’è un’azienda nuda. Che per risparmiare sta tagliando tutto quello che si può e forse anche un po’ di più.
In mancanza di prove e di ammissioni da parte dell’azienda - che sull’argomento ha preferito non esprimersi - tocca mettere insieme gli indizi. Che sono tanti. Dipendenti e passeggeri ne aggiungono ogni giorno alla lista. A tutti è ormai evidente, per esempio, che i 16 tram e i 220 autobus si fermano spesso. Troppo spesso. Ai tempi dell’Aps non succedeva. I mezzi invecchiano, certo, e quelli nuovi - promessi dall’azienda - ancora non si vedono. Ma c’entrano anche le manutenzioni, che non sono più quelle di una volta. La dirigenza vorrebbe esternalizzarle. L’idea di ricorrere a service esterni era stata stoppata pochi mesi fa dai sindacati confederali. Ma ora è stata rilanciata, tant’è vero che sulle bacheche delle officine è comparso un foglio destinato ai trenta meccanici: chi vuol diventare autista, e dunque cambiare mansione, mollando le chiavi inglesi per un volante, può scrivere il proprio nome. «Dovremo fare una verifica su quell’accordo, alla luce di quello che sta succedendo», ammette Paolo Tollio, autista storico, prima in Acap, poi in Aps e oggi in BusItalia ed esponente della Filt-Cgil. «Ci sono guasti troppo frequenti perché si possa pensare che è solo casualità».

La riconversione dei meccanici, però, è un obiettivo dichiarato. D’altra parte gli autisti scarseggiano e di assumerne altri non se ne parla. Piuttosto si affidano a privati le linee, come è successo di recente sulla 13 e sulla 15 e prima alla 9 e alla 12. E poi si rimandano le visite mediche di controllo - previste a cadenza quinquennale - degli autisti in servizio, che così continuano a guidare sulla base di presunte condizioni ottimali di salute. Di inidonei - ossia autisti che non possono più guidare - ce ne sono almeno dieci. Da mesi sono a casa, a stipendio ridotto e senza indennità. I sindacati chiedono di rimetterli in campo, almeno come controllori, ma non c’è accordo con l’azienda e dunque restano a casa.

«È un’assurdità, anche perché poi si chiede ad autisti idonei di andare a fare i controllori», denuncia Fulvio Di Bernardo, coordinatore provinciale di Sls. E a casa è rimasto anche l’autista che venti giorni fa in riviera Tito Livio ha investito una ragazza. Dovrebbe essere sottoposto a “revisione” prima di tornare in servizio e invece la sua visita di controllo non è stata ancora fatta e lui resta fuori dai turni, in attesa.Nel frattempo, poiché il risparmio è in cima alle priorità, anche le manutenzioni in qualche modo devono essere state ridotte. I bollettini delle ultime settimane raccontano di mezzi fermi, ma anche di guasti altrettanto imprevedibili: pneumatici che scoppiano (ce ne sono tanti usurati, denunciano gli autisti), lampade che si staccano e penzolano sui passeggeri, obliteratrici fuori servizio. Per non parlare dei guai elettronici dei tram, che hanno costretto agli straordinari il servizio di traino con trattore.
«Che l’azienda stia facendo risparmio su tutto, a cominciare dalle manutenzioni, è evidente», dice Stefano Pieretti di Adl Cobas. «D’altra parte non si ripiana un buco come quello che c’era l’anno scorso in così poco tempo senza ridurre drasticamente un sacco di voci di spesa. Sono state razionalizzate le sovrapposizioni delle corse e i pagamenti ai fornitori sono stati rimandati, ma sicuramente ci sono stati altri tagli».
Ha collaborato Felice Paduano
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