Caccia grossa ai Leoni marciani Fino all’Albania

di Enrico Tantucci
Il leone è servito. Ovvero, l’emblema politico oltre che religioso di Venezia - nato nel XIII secolo e sopravvissuto alla caduta della Repubblica nel 1797 - catalogato e dunque “salvato” nelle sue espressioni artistiche e architettoniche da un monumentale lavoro di catalogazione. È quello a cui lo ha sottoposto lo storica dell’arte veneziana Alberto Rizzi, che per quindici anni ha girato per gli ex-domini della Serenissima alla ricerca dei simboli superstiti e delle tracce di quelli distrutti. Rizzi - un passato da funzionario della Soprintendenza prezioso proprio per l’occhio infallibile nella catalogazione - è, come è noto, il massimo esperto vivente di Leoni Marciani, e ha già dato alle stampe un monumentale libro che raccoglie dati e notizie intorno ai cinquemila leoni veneziani sopravvissuti alla fine della Repubblica, oltre ad aver curato un fondamentale volume sulle sculture esterne a Venezia.
Solo a Venezia i francesi distrussero qualcosa come mille leoni di pietra, scalpellandoli dai pozzi, dai ponti, dalle porte: un fenomeno chiamato leontoclastia. La prima è stata quella della Lega di Cambrai nel Cinquecento, la seconda quella francese dopo la caduta della Repubblica, la terza quella adriatica, compiuta essenzialmente dai croati in Dalmazia dopo la prima guerra mondiale e più tardi in Istria.
Ora è uscita la nuova edizione, riveduta e corretta, dei suoi “Leoni di San Marco” - pubblicato da Cierre edizioni con la Regione Veneto che lo patrocina - arricchito da un terzo volume che dà conto delle ultime scoperte di un’ininterrotta ricerca, estesa appunto sino ai possedimenti greci della Serenissima, alla Dalmazia e all’Istria, persino all’Albania. Con scoperte fatte anche «sotto casa», come il megaleone cinquecentesco dipinto che stava a Ca’ Corner, sede della Provincia, proprio sotto la scrivania del presidente Francesca Zaccariotto.
Ma nessuno lo notava più, perché coperto da altre decorazioni. Come il leone «cavalcato» da Minerva che le Gallerie dell'Accademia non vogliono più sulla loro facciata. Vi troneggiava imponente sino al 1938 e da allora, scacciato dalla sommità del palazzo in epoca fascista, sonnecchia dimenticato in mezzo al verde in un angolo dei Giardini di Castello e nessuno ha intenzione di riportarlo a casa.
Il sogno di Rizzi è ora una grande mostra a Venezia, a Palazzo Ducale, sul Leone di San Marco, ma a costo zero, come spiega lui stesso.
«La mostra dovevamo realizzarla già nel 1997 alla Biblioteca Marciana e nel cortile dell’Archeologico» ricorda «ma ci fu il blitz dei Serenissimi al Campanile di San Marco e di Leoni, per qualche anno, non si potè più parlare. Ma ora quella mostra sarebbe possibile, di grande importanza e a costo zero, utilizzando solo “pezzi” già presenti a Venezia, senza bisogno di prestiti. Al Correr ci sono nei depositi un gran numero di leoni dipinti o scolpiti, senza contare gli antichi gonfaloni, chiusi nei cassetti e bisognosi da tempo di restauro e tutta la parte numismatica con monete e oselle. Dalla Marciana e dall’Archivio di Stato potrebbero arrivare codici, miniature e proclami con il simbolo leonino e dalle Gallerie dell’Accademia il famoso leone “mite e feroce” insieme. Per l’oggettistica potrebbe ben contribuire il museo provinciale di Torcello. Le armi arriverebbero dalla stessa armeria del Ducale e dal Museo Navale. da cui potrebbero venire anche i calchi dei leoni di Creta. Da Ca’ Rezzonico potremmo prendere i vasi di farmacia con il leone...».
Rizzi potrebbe continuare a lungo con i pezzi della «sua» mostra. Chissà che a Venezia, prima o poi, qualcuno ci pensi seriamente.
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