Caccia, il Veneto maglia nera per incidenti

PADOVA. Ci sono i cacciatori distratti che si sparano tra di loro, scambiandosi per cinghiali o per chissà cosa, ed è un classico degli errori. Poi ci sono i cani uccisi o feriti gravemente, anch’essi per sbaglio, ed è un altro “sempreverde” delle stagioni venatorie. Tra le nuove tendenze ci sono invece gli errori di mira che condannano a lunghi black out interi paesi, quest’anno - incredibile ma vero - è successo due volte. Messi tutti insieme gli incidenti, gli abusi e gli illeciti, sono quarantotto le pagine nere scritte durante la stagione venatoria che si è conclusa il 9 febbraio nel Veneto. L’eredità più pesante si conta come sempre sul numero di vittime: i feriti sono dodici (cinque civili tra i quali un minorenne e sette cacciatori). E qualcuno porterà per sempre i segni della sua disavventura.

I peggiori in Italia. Stando al report compilato per il decimo anno di fila dall’associazione Vittime della caccia, la nostra regione è maglia nera in Italia per gli incidenti di caccia, precedendo la Lombardia, che di feriti ne ha avuto sette, e il Lazio, dove però ci sono stati due morti. Ma il Veneto è largamente primo anche per gli illeciti ai danni di specie protette: 102 esemplari uccisi e due feriti con armi da fuoco; 4.487 uccisi e 157 maltrattati con altri strumenti. Per dare l’idea del primato, si tenga conto che la regione seconda in classifica, la Calabria, ha avuto meno della metà dei casi. E anche considerando gli illeciti ai danni di specie non cacciabili il Veneto è ben piazzato, secondo solo alla Sardegna con 316 esemplari uccisi con armi da fuoco, uno con altri strumenti (e 150 feriti).
Spari in libertà. Ma è scorrendo il diario della stagione che si ha una misura di quale sia il rischio con cui tutti siamo, più meno consapevolmente, costretti a convivere per mesi. L’elenco dei 48 casi di illecito è stato compilato dal consigliere regionale Andrea Zanoni (Pd), primo firmatario di un’interrogazione - sottoscritta anche da altri del Pd (il capogruppo Stefano Fracasso, Bruno Pigozzo, Piero Ruzzante e Orietta Salemi) e dell’Amp (Cristina Guarda) - con cui si chiede conto al presidente Zaia di quanto successo e quali iniziative intenda assumere per «garantire la sicurezza e l’incolumità dei cittadini e dei turisti» e per «tutelare la fauna selvatica». Si scopre così che la stagione era partita subito alla grande - si fa per dire - con una raffica di pallini finiti sul volto e sull’avanbraccio di un cacciatore già colpito dal fuoco amico nel 1991, episodio questo avvenuto a Brendola. Il giorno dopo un altro evergreen: il cacciatore che si spara al piede (a Torre di Mosto). Una settimana dopo nel mirino storto dei cacciatori finiscono i ciclisti: uno impallinato a una gamba ad Arsego, un altro colpito da due pallini sulla pista Treviso-Ostiglia. Lo stesso giorno, una donna a Mirano è ferita a un piede da un pallino vagante. A Tezze, invece, un cacciatore inciampa e spara al cugino. Le “doppiette” sono subito molto attive e la stagione promette sorprese. Tre giorni dopo nel vicentino un cacciatore di 81 anni si spara alla coscia dentro un capanno, dove si trova insieme al figlio. Lo imita, il giorno dopo, un “collega” di Zane che si spara alla coscia. La provincia di Vicenza è caldissima. A Santorso un cacciatore mira a un uccello ma centra l’amico.
L’infanzia impallinata. A Dueville una bambina viene sfiorata da una raffica di pallini mentre gioca in giardino. Non entra nelle statistiche dei feriti ma non dimenticherà. Tra i feriti c’è invece il 14enne di Mirano, colpito alla testa (e abbatuto) da alcuni pallini vaganti mentre va a scuola in bici.
Rex ucciso. È di gennaio la notizia di un pastore tedesco ucciso da una fucilata alla testa esplosa per errore da pochi passi, a Casale sul Sile. In pratica un’esecuzione. Negli stessi giorni un altro cane a Montebelluna finisce preso al cappio nelle trappole dei cacciatori. Solo ferito, per fortuna, un cane che a Sant’Elena di Torre di Mosto torna a casa con cento pallini in corpo. Nell’occasione un bambino racconta di essere stato sfiorato dalla raffica.
Tutti al buio. Poi c’è il caso di Laghi di Cittadella dove un cacciatore spara agli uccelli posati sul traliccio dell’alta tensione e lascia al buio la frazione. La corrente tornerà dopo sei ore solo grazie a generatori di corrente. E la pizzeria resterà chiusa per due giorni. Caso analogo sembrerebbe quello di qualche giorno fa a Castelnuovo, dove la corrente è mancata per diverse ore nel pomeriggio.
Più grave di quanto non sembri. Tra gli episodi peggiori della stagione c’è poi quello di fine ottobre a San Pietro di Feletto, provincia di Treviso, dove un cacciatore, convinto di sparare a un fagiano, centra due cercatori di funghi: un trentenne perde un occhio, il fratello di 43 anni colpito alla spalla di fatto perde il lavoro perché non potrà più manovrare la gru che usa per la movimentazione terra e deve rinunciare a un appalto da 50 mila euro appena ottenuto. Avanti così, a novembre c’è un cacciatore colpito tre volte da un amico a Verona; poi c’è quello che si spara a una mano pulendo l’arma a Montecchia di Crosara; c’è quello che a Piove stringe nella morsa una cartuccia che esplode e lo ferisce a un dito. E poi quello che rischia un occhio perché centrato in faccia da un gruppo di cacciatori a Lendinara.
Spesso si sparano tra di loro. Ma altrettanto spesso invadono terreni e giardini e proprietà private. Anche di questi casi sono piene le pagine del diario di stagione. Monigo, in provincia di Treviso, a novembre si ribella all’invasione di fucili. A Resana sale alla ribalta il cacciatore che spara alla lepre nel giardino di casa. A Roncade un altro classico: un cittadino manda via i cacciatori dal suo terreno e ne nasce in rissa. Ma il fucile può comparire anche durante una lite per altri motivi, come succede a Campedello, nel vicentino, dove un cacciatore esplode un colpo durante una discussione con i vicini e poi si giustifica: “Sparavo alle nutrie”.
Bracconieri senza limiti. Infine ci sono loro, sempre oltre i limiti della legalità. Decine di segnalazioni, anche in questa stagione: sei denunce a novembre in provincia di Padova, 400 uccelli sequestrati ad Arzignano sempre a novembre; un mercato clandestino di selvaggina stroncato fra Malo e Isola Vicentina; a Schio un rappresentante sorpreso con 3.500 esemplari - tutti di specie protette - in magazzino. Senza regole e senza limiti, è andata così.
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