Canova violato simbolo dell’arte ferita dalla guerra

di Cristiana Sparvoli
L’arte violata dalla guerra, depredata, venduta, comprata. Bottino del vincitore. Ma anche arte odiata, perseguitata e distrutta per fare la stessa fine del nemico: nei tempi più recenti la distruzione talebana dei Buddha gigante nella valle di Bamiyan, il saccheggio del museo di Baghdad e l’incendio della Biblioteca di Sarajevo. Più indietro nei secoli i saccheggi d’arte nell’era napoleonica in Italia come diritto di conquista. Proprio lo scultore Antonio Canova, oggi al centro di una nuova mostra sull’arte e la guerra, per la sua alta fama morale e artistica fu mandato a negoziare con Napoleone il ritorno in patria dei capolavori confiscati dalle collezioni italiane. Lo ricorda lo storico e diplomatico Sergio Romano nel suo ultimo saggio edito da Skira, “L’arte in guerra” e presentato, nel marzo scorso, in un luogo emblematico: la Gipsoteca canoviana di Possagno, gravemente danneggiata nel 1917 da due colpi di artiglieria (“amica”, peraltro) della Grande Guerra. La più grande raccolta di gessi al mondo fu colpita al cuore: alcuni modelli di Antonio Canova - che li aveva tradotti nei marmi neoclassici esposti nei più prestigiosi musei del mondo - rimasero mutilati e acefali; decine quelli che furono scheggiati, ridotti in frammenti. Il pittore Stefano Serafin (Possagno 1861-1944), che fu conservatore e custode della Gipsoteca di Possagno dal 1893 al 1938, raccontò di soldati francesi che giocavano a calcio con un pallone di rara unicità: la testa di Paolina Bonaparte scolpita da Canova. Il conservatore, che scattò una serie di lastre fotografiche simbolo dell’arte “vittima” degli umani conflitti, di fronte allo scempio del gesso canoviano preso a calci dai soldati, non ebbe forse il coraggio e il tempo di fotografare la scena. Ma quello che aveva fissato su altre lastre, i gessi colpiti dalle granate del 1917, un secolo dopo è ancora potente ed emoziona chi li guarda. Positivi originali che si potranno vedere, esposti per la prima volta tutti insieme dove furono scattati, nella Gipsoteca Museo del Canova a Possagno, da sabato 25 luglio al 28 febbraio.
“Antonio Canova, l’arte mutilata nella Grande Guerra” è un progetto espositivo curato da Alberto Prandi e Mario Guderzo, direttore del Museo di Possagno. Le preziose fotografie furono scattate da Stefano Serafin (alcune anche dal figlio Siro) per intraprendere con la Soprintendenza la campagna di ricomposizione dei modelli in gesso distrutti. Operazione, questa, che non fu intrapresa. «Alcune opere è stato impossibile ricostruirle», dice Guderzo, «Per altre ci si è chiesto se comunque fossero da rispettare nella loro mutilazione, come la Danzatrice senza braccia».
Il visitatore a Possagno avrà varie chiavi di lettura dell’arte violata: le bellissime istantanee di Serafin di grande forza rievocativa (vedi il busto di Napoleone squarciato) oggi custodite dal Fast (Foto Archivio Storico Trevigiano); le opere dilaniate mai restaurate e tenute “nascoste”, che escono per la prima volta dai depositi, esposte in un’ampia sezione, icone della bellezza sfregiata; la rilettura, cento anni dopo, delle opere ferite di Canova affidata a due fotografi del contemporaneo quali Guido Guidi e Gian Luca Eulisse. Solo una delle opere colpite dai cannoni (sia il modello originale che il gesso), la “Ebe, coppiera degli dei”, sarà restituita all’antica dignità, con un’operazione didattica di ricostruzione virtuale tridimensionale (reverse engineering), grazie alla tecnologia, che già Fondazione Canova aveva sperimentato con la “Danzatrice di cembali”, “Le Grazie”, “Paolina Bonaparte” e il “Principe Lubormiski”. Immagini e tecnologie che trasmettono memorie di un’arte irripetibile in un progetto espositivo che punta anche alla formazione dei futuri fruitori, ovvero Canova e i bambini. Con la collaborazione della Fondazione Stepan Zavrel di Sarmede, patria della Mostra dell’illustrazione per l’infanzia, sarà realizzato un libro illustrato da Gabriel Pacheco, famosa matita messicana, in cui bambini potranno osservare le opere di Canova, giocare con loro, disegnarle e riflettere sul valore dell’arte che resiste ai carnefici e alle guerre.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova