Cappelleri nuovo procuratore capo di Padova

La notizia è arrivata in città ieri ad ora di pranzo, rimbalzata da Vicenza. La commissione incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura ha proposto all’unanimità Antonino Cappelleri alla guida della procura di Padova. Un’investitura, che - salvo colpi di scena - sarà confermata fra un mese dal plenum del Csm. Per il magistrato di origini calabresi, 67 anni, un gradito ritorno a casa, in tutt’altra veste: a Padova infatti risiede e ha lavorato molti anni, prima della promozione alla procura generale di Venezia, dove ha operato dal 2007 al 2011, quando venne nominato capo degli uffici giudiziari vicentini. Il posto che Cappelleri lascerà vacante a Vicenza, almeno inizialmente, sarà ricoperto dalla sua attuale aggiunta, Orietta Canova.
Il posto di procuratore capo a Padova è libero dal primo settembre dello scorso anno, quando Matteo Stuccilli andò in pensione anticipatamente. Il bando per la copertura del posto rimasto vacante si era aperto il 18 ottobre scorso. Quattordici le domande presentate per l’ambito posto entro il termine ultimo, il 27 novembre. Fra queste, alcune eccellenti: oltre a Cappelleri, già pubblico ministero a Padova negli anni caldi di Tangentopoli, l’ex procuratore capo di Bolzano, poi giudice a l’Aja, Cuno Jacok Tarfusser.
La riunione della Commissione del Csm era attesa nelle scorse settimane, ma la pratica era rimasta bloccata per lo scandalo che ha coinvolto proprio le nomine in seno al Consiglio superiore della magistratura, con l’indagine di Perugia sul pm Luca Palamara e alcuni colleghi.
Ieri la commissione si è incontrata e la proposta è stata votata all’unanimità, anche per la caratura del candidato, che avrebbe comunque dovuto lasciare Vicenza nei primi mesi del prossimo anno per la scadenza del secondo mandato (ciascuno di quattro anni).
Cappelleri, padovano d’adozione, ha compiuto tutta la carriera in Veneto: è stato pm a Padova dove ha maturato una grande esperienza nei reati contro la Pubblica amministrazione e contro la criminalità organizzata, oltre che nella lotta ai sequestri di persona; è stato giudice al tribunale di Sorveglianza e poi alla procura generale di Venezia.
A Vicenza ha coordinato le indagini sul crac della Banca popolare di Vicenza, sul caso Pfas e Miteni e su una lunga serie di delitti, come quello di Ponte di Nanto - è recente la condanna del bandito in Cassazione - o, più di recente, quello di Noventa. Ha continuato a occuparsi, nonostante l’incarico - a lungo è rimasto senza vice - dei turni da pubblico ministero, occupandosi anche dell’ordinaria amministrazione.
A Vicenza ha gestito da un lato il trasferimento degli uffici giudiziari da Borgo Berga a Santa Corona, e poi l’accorpamento con la procura di Bassano. Oggi coordina uffici giudiziari con 13 sostituti - un numero mai raggiunto nel capoluogo berico - e ha dimostrato capacità umane prima ancora che organizzative, oltre all’acume investigativo da pm, soprattutto nella lotta alle infiltrazioni della criminalità organizzata. —
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