Due Palazzi al collasso, scatta l’allarme: «Situazione invivibile. Rischio proteste»
In quattro anni i detenuti nel circondariale sono più che raddoppiati. Bincoletto: «Celle umide, otto persone per stanza. È necessario un intervento urgente per evitare proteste o situazioni gravi»

«Il carcere Due Palazzi è vicino a un punto di rottura». L’allarme, chiaro e diretto, arriva da Antonio Bincoletto, garante dei detenuti del Comune di Padova. Un richiamo che fa rumore in una città dove la tradizione penitenziaria è sempre stata un modello di equilibrio e progettualità, ma che oggi si trova ad affrontare una pressione senza precedenti. Il fenomeno, spiega Bincoletto, non riguarda solo Padova ma l’intero Paese. «Oggi nelle carceri italiane ci sono oltre 63 mila persone ristrette, e dall’inizio del 2025 66 si sono tolte la vita. È un dato che non può essere considerato una fatalità: segnala un sistema in difficoltà profonda».
Nella casa di reclusione di Due Palazzi, la situazione è ormai critica: 630 detenuti su una capienza regolamentare di 480 posti, con l’imminente apertura di una nuova sezione che porterà altri 50 ingressi. «È un trend che deve allarmare», osserva il garante, «perché più persone entrano, meno spazio resta per l’attività trattamentale, la formazione, il lavoro, il contatto con l’esterno. In queste condizioni la tensione cresce e la speranza di cambiare diminuisce».
Ancora più drammatica, però, è la realtà del circondariale, la struttura più vecchia del complesso padovano. In quattro anni i detenuti sono passati da 130 a 267, più del doppio. «L’aumento», spiega Bincoletto, «è legato anche al trasferimento a Padova di persone provenienti dal carcere di Venezia, dove le condizioni igieniche sono divenute insostenibili a causa di un’infestazione di cimici».
Le celle del circondariale ospitano anche otto persone per volta, con letti a castello e muri umidi: «Sono spazi pensati per due, oggi ne contengono quattro volte tanto», racconta. «Servirebbero ristrutturazioni serie e interventi strutturali, ma al momento ci si limita a tamponare le emergenze».
Con le sezioni ordinarie ormai sature, i nuovi arrivi vengono sistemati nelle aree Icat, destinate ai detenuti con problemi di tossicodipendenza. «Questa commistione», sottolinea, «crea convivenze difficili e tensioni costanti, perché le esigenze sono molto diverse».
A risentirne è anche il personale di polizia penitenziaria. «Gli agenti e gli operatori sociali stanno sostenendo un carico di lavoro enorme», afferma Bincoletto. «Finora sono riusciti a evitare proteste o episodi gravi, ma non si può reggere ancora a lungo in queste condizioni».
Nei giorni scorsi anche la direzione del carcere e i rappresentanti della polizia penitenziaria hanno lanciato appelli a Roma. «È necessario», insiste, «che l’amministrazione penitenziaria intervenga subito, alleggerendo la pressione sul circondariale e restituendo condizioni minime di vivibilità».
Padova, conclude il garante, è sempre stata un laboratorio di esperienze positive, dai progetti di reinserimento al lavoro esterno: «Non possiamo permettere che questo patrimonio vada perduto». —
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