Carceri, ritrovato il sito di una stele romana

CARCERI. Per decenni è rimasta nascosta da edera e piante infestanti, tanto che ormai nessuno ne ricordava l’esistenza. Ci hanno pensato gli scout e la curiosità di uno storico locale a riportarne alla luce la presenza. E ora grazie a quella pietra è possibile svelare un “enigma” che neppure la ricca documentazione del passato aveva mai chiarito, ossia la posizione di un’importante testimonianza di epoca romana. Proprio dove oggi è stata svelata quella lapide, infatti, per secoli ha campeggiato la stele di Quintus Cartillus e Luxonia Tertia, reperto del primo secolo dopo Cristo che oggi è custodito al Museo Nazionale Atestino. A confermarlo è stato Diego Paluan, anima dell’abbazia camaldolese e del Museo della civiltà contadina di Carceri. Qualche tempo fa Paluan è incappato in una lapide emersa accanto al Centro di spiritualità Scout in fianco all’abbazia. Gli scout guidati da don Riccardo Comarella, nel ripulire l’area, hanno infatti ridato alla luce una lapide del 1834. La scoperta non è passata inosservata all’occhio attento di Paluan, che ha tradotto l’iscrizione e messo insieme i documenti per contestualizzarne il contenuto. La presenza della stele romana era stata citata da illustri storici come Giuseppe Zattin, Isidoro Alessi e anche Agostino Fortunio nel 1760. E ancora Moschini, Salomonio, Scardeone e Angeleri. «La lapide testimonia la donazione della stele romana, da parte dai conti Carminati, alla città di Este e alla comunità Atestina» spiega Paluan, «i conti l’avevano ceduta al Civico Museo Lapidario di Este, da poco istituito da Vincenzo Fracanzani. La stele ha un profondo valore storico. Sapevamo che proveniva da Carceri, ma non si sapeva dove si trovava prima del trasferimento a Este. Ora questa lapide ce lo mostra». La scoperta è stata illustrata in municipio a Carceri alla presenza di Paluan, del sindaco Tiberio Businaro e dagli storici locali Giandaniele Pauletto e Mauro Vigato. L’occasione è stata buona anche per lanciare alcune idee sulla rivalutazione del complesso abbaziale come luogo in cui incentivare l’attività museale e di ricerca storica. Businaro, in tal senso, si è impegnato a cercare fondi per avviare progetti da dedicare a questa progettualità. (n. c.)
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