Carlo non aveva sostenuto alcun esame: si uccide a 23 anni

CITTADELLA. Doveva partire per la sua ultima settimana da studente universitario, venerdì sarebbe tornato a Cittadella con il titolo di dottore e la corona d’alloro al collo. Invece dopo i genitori, che ignari sono andati al lavoro, lui ha salutato la vita. Perché il castello di bugie ormai stava per crollare: quella laurea non ci sarebbe stata. La sua carriera universitaria non era praticamente iniziata: agli anni di studio a Udine non corrispondevano superati. Carlo Simioni, 23 anni, lunedì si è tolto la vita: non ha più retto alla distanza tra la verità e il racconto che aveva fatto di se stesso.
«Tutto questo è così impossibile. Ma chi sono io per giudicare?» è lo sfogo disperato del padre, che ha ancora davanti agli occhi l’immagine del figlio privo di vita nel vano case della villetta di famiglia. È stato lui a trovarlo al rientro dal lavoro, all’ora di cena. Una giornata iniziata in maniera assolutamente normale per la famiglia che vive in via San Pietro, una laterale di Borgo Treviso. Papà Gianni, apprezzato programmatore al Ced dell’ospedale di Cittadella, e mamma Paola Vazzoler hanno fatto colazione col figlio. «Era tranquillo, era il Carlo di sempre. Ci siamo salutati e dati appuntamento a venerdì» racconta piangendo il papà. Venerdì Carlo si sarebbe dovuto laureare, così aveva raccontato a tutti: frequentava la facoltà di Tecnologie multimediali a Udine, e per questo da anni trascorreva lì la settimana. Ieri mattina i carabinieri hanno scandagliato la pista più ovvia, in assenza di un biglietto che spiegasse il suicidio: hanno preso contatto con l’Università di Udine e scoperto che nel libretto del ragazzo non era registrato alcun esame.
Per anni Carlo ha raccontato il suo percorso di studi, le tappe della carriera scolastica, arrivando al punto di definire anche la data della laurea. Per anni ha portato dentro questo doppio racconto di se stesso, fino al momento in cui avrebbe dovuto dire la verità, liberarsi, spiegare la fatica emotiva e la fragilità che gli ha impedito di farcela e di affrontare con successo gli studi. Ma non ha retto la fatica della verità e l’unico sbocco gli è sembrato la morte. Ed ecco che ora il dolore s’intreccia – nelle parole del papà – alla sensazione di vivere dentro un’assurdità dirompente: «Ci sembra impossibile quello che i carabinieri ci dicono. Non capisco, proprio lunedì ero passato a prendere dei fiocchi per abbellire la corona d'alloro che Carlo avrebbe dovuto indossare dopo la proclamazione. Mentre ci salutavamo, ci siamo promessi di vederci venerdì a Udine per festeggiare con lui la laurea». “Tranquillo”, così era negli istanti prima del gesto definitivo. Il ritratto di un ragazzo bello, il simbolo stesso della vita: «Era un bravissimo ragazzo», continua tra le lacrime papà Gianni «amico e compagno di banco al Meucci di Cittadella di Luca Dotto, il campione di nuoto. Aveva anche giocato a basket per un breve periodo, ma poi aveva scelto la piscina». Un ragazzo attaccato all’esistenza: «Siamo riusciti a donare gli organi, lui amava la vita e vogliamo che continui con lui». Papà Gianni vuole reagire, non vuole farsi triturare dal senso di colpa: «Nella mia casa c’è sempre stato tantissimo amore, non c’è mai stato uno screzio, e io voglio che Carlo sia ricordato come il migliore dei figli, perché lui era così. Un ragazzo bravo, altruista. Ed è per questo che andrò a trovare una coppia di genitori che ha perso un figlio nella stessa maniera. Non possiamo morire dentro: se abbiamo dato tanto amore la colpa non può essere di nessuno».
Ma la comunità è sconvolta: un altro suicidio, a poche settimane dal volo di Nadia, 14 anni, gettatasi dall’ex Hotel Palace di Borgo Vicenza. Il sindaco Giuseppe Pan immagina degli strumenti che supportino i genitori: «Sto pensando di organizzare dei corsi con degli psicologi», spiega, «per suggerire ai genitori come prevenire e affrontare il disagio dei giovani».
Andrea Baggio, del Centro Nuoto Cittadella, ricorda Carlo che si allenava nella squadra agonistica fin da piccolo: «Nuotava con Luca Dotto, erano insieme nella stessa classe al Meucci. Molto amici, avevano mantenuto i contatti e quando Luca tornava da Roma si trovavano, so che avrebbe dovuto partecipare anche alla festa di laurea. Carlo ha fatto tutta la trafila: propaganda, esordienti, categoria, andava forte nello stile libero e nel dorso. Era un ragazzo bello, più alto della media, è rimasto in squadra fino ai 16 anni; d’estate ci è venuto a trovare in piscina, all’aperto». In lutto anche il basket padovano, perché papà Gianni è il coach dei Dealers Basket Club di Tombolo.
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