Carmen, felice e potente La cantantessa è tornata

PADOVA. Cinque anni di assenza dalle scene sono un’era geologica per i tempi dell’industria musicale. Non per quelli di una vita, se in mezzo c’è un figlio, un percorso di ricerca interiore, il traguardo di un nuovo equilibrio. E non lo sono neppure per una carriera che pure aveva già raggiunto vette che le star usa-e-getta sfornate dai talent se le possono sognare. Quando Carmen Consoli imbraccia la sua Jaguar Sunburst e attacca il riff iniziale di Geisha, le vibrazioni scrostano dai calendari cinque anni e di più. Sul palco dello Sherwood, davanti a non più di tremila persone - e gli assenti hanno torto, mai come stavolta - c’è di nuovo la cantantessa di quindici anni fa. Meno confusa, forse. Ma felice e spettinata come nei giorni migliori.
Gonna di pelle nera al ginocchio, maglia bianca, Carmen Consoli si prende il centro di un allestimento scenico sobrio ma di grande efficacia. In alto alla sua sinistra c’è la bassista Luciana Lucini, romana, hair stylist, capace di costruire trame preziose. Alla sua destra, alla batteria, Fiamma Cardani, milanese, psicoterapeuta, che non brilla per virtuosismi e velocità ma è precisa e potente. L’inizio è folgorante: Mio zio, Sentivo l’odore e poi L’abitudine di tornare, singolo che ha dato il titolo al suo ultimo lavoro, uscito a gennaio. Il suono è vagamente “garage”, sporco al punto giusto, e il trio lo esalta. La voce di Carmen è graffiante, come sempre, ma il suo canto più maturo. E le ragazzacce si divertono, si vede. Ottobre e poi La signora del quinto piano e quindi Matilde segnano il secondo capitolo del concerto, prima di un tuffo nel passato con Per niente stanca - esaltata dalla batteria della Cardani - e Fino all’ultimo. C’è un’evoluzione anche nella scrittura della cantantessa e Sintonia imperfetta lo sottolinea in modo esemplare. Ma resta la forza di pezzi come Stato di necessità. Dall’ultimo album arriva Esercito silente, canzone di denuncia contro l’omertà che Carmen presenta ammettendo che lei non ha mai creduto a chi dice che non si deve fare la spia e poi chiude cantando “chissà se il buon dio perdonerà Palermo”. Da qui in poi è tutta energia pura: Fiori d’arancio, Contessa miseria, Venere, Oceani deserti, Parole di burro - con bellissimi arrangiamenti swing - e ancora Confusa e felice, che diventa inno a questo ritorno. Carmen salta sui tacchi e con i tacchi pesta sui pedali delle distorsioni. Il finale è che AAA Cercasi - tutta in levare, pezzo che conferma della solidità del trio - e poi Besame giuda. È un gran concerto e un gran ritorno. Carmen da sola canta Amore di plastica per chiuderlo. Avrebbe meritato più applausi.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova