Carrier, chiusura anticipata
L'angoscia dei 193 dipendenti vedendo gli ungheresi smontare i macchinari
TORREGLIA.
L'arrivo del nuovo anno anziché gioia e speranza ai dipendenti della Carrier porta delusione e apprensione. E' stato un capodanno triste, quello vissuto dalle 193 famiglie dei lavoratori che hanno ricevuto a sorpresa la notizia della chiusura anticipata delle attività lavorative.
L'avvio della cassa integrazione è stato fissato infatti al 17 gennaio anziché il 28 febbraio, come era stato concordato a Roma tra la multinazionale americana, il ministro Maurizio Sacconi e le rappresentanze sindacali. «Quando martedì della scorsa settimana ho visto arrivare gli operai ungheresi per smontare e imballare i principali macchinari, mi sono sentito un nodo alla gola e conati di vomito per l'angoscia di vedere 27 anni della mia vita di dipendente della fabbrica cancellati in un attimo - racconta con la voce rotta dall'emozione S.F. - Ho seguito l'evolversi della vita di questa impresa, dalla Criosbanc alla Linde per finire poi alla Carrier. In queste ultime settimane sono colto spesso da momenti di depressione, e come me altri operai non riescono più a dormire, pensando al futuro che ci aspetta. Ci hanno promesso dei soldi, ma a me e a molti altri interessa il posto di lavoro, non voglio una grossa somma in un colpo solo ma una goccia quotidiana. A cinquant'anni trovarsi improvvisamente senza occupazione è come annullarsi. Un uomo senza lavoro è come un barbone». La multinazionale americana sostiene che la cassa d'integrazione anticipata è colpa degli stessi lavoratori che hanno assunto una posizione non collaborativa, mettendo a rischio le forniture ai clienti, tanto da costringere la Carrier a ricorrere a ditte concorrenti, per mantenere salvo il mercato. «C'è dell'assenteismo - conferma S.F. - ma è dovuto all'umiliazione che proviamo giornalmente e alla impellente ricerca di una nuova occupazione. Ho proposto perfino che ci riducano lo stipendio pur di riassumerci. Tutto inutile». Secondo Giovanni Acco, della Fiom Cgil, il momento è critico. «L'obiettivo è di ricollocare subito 53 dipendenti, che rappresentano il 30 per cento della forza lavorativa - esordisce - Ci giungono voci che una parte del personale qualificato sia intercettato da aziende concorrenti, che hanno la convenienza economica di assumerlo dalla mobilità, percependo soldi anche dall'Inps. Noi speravamo che alcune grosse ditte del settore potessero avviare una cordata per la reindustrializzazione dell'azienda, ma Arneg, Eurocrios e altre non la vedono così. Da parte sua la Carrier ha tutto l'interesse a sfruttare il lavoro degli ungheresi, che paga solo 300 euro al mese contro i 1.200 qui da noi. E il costo è netto, in quanto lì non esiste la copertura di un valido sistema sociale, come il nostro. Non bisogna però dimenticare che prima di riuscire a imparare bene il mestiere e ad arrivare ai livelli competitivi dei banchi frigo prodotti negli stabilimenti di Torreglia - sottolinea Acco - agli ungheresi servirà almeno un anno. Ma questo la Carrier lo sa e lo mette nel suo bilancio. D'altra parte il suo scopo lo ha già raggiunto e ora pensa solo a produrre dove le costa molto meno».
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