Carte clonate, otto in manette Stazione crocevia del traffico

Operazione Chicago. Centinaia di carte di credito clonate intestate a ignari americani o inglesi; acquisti per centinaia di migliaia di euro; 87 indagati in mezza Italia, otto arrestati a Padova. Senza contare i truffatori informatici in Gran Bretagna e Usa che carpivano i numeri delle carte di credito entrando direttamente nel sistema madre delle banche, e li vendevano, comunicandoli via mail, a complici sparsi in varie regioni, ma con base a Padova. I quali complici, grazie ad un programma ad hoc, strisciando una qualsiasi carta con banda magnetica nel lettore di carte di credito collegato al computer, imprimevano il numero clonato nella banda. E riproducevano pure il logo della banca.
Tre anni di indagini della squadra mobile diretta da Marco Calì per venire a capo del groviglio internazionale: un’organizzazione dal piglio svizzero per precisione e tecnologia e dalla tradizione dell’Est Europa, ché finora erano rumeni specializzati nelle clonazioni. E invece, sorpresa, tutti i coinvolti nell’operazione Chicago, dal primo all’ultimo, sono nigeriani. Taluni, anche tra i padovani, transitati dallo spaccio di cocaina al giro delle carte di credito, meno rischioso e più remunerativo.
Il medesimo numero veniva clonato in più carte di credito: dopo di che, nello stesso giorno e alla stessa ora, via agli acquisti: impianti hi-fi, abbigliamento grandissime firme, apparecchi fotografici e tanti, tanti biglietti di treni acquistati ai self service in stazione a Padova e poi rivenduti a prezzo scontato.
Non a caso l’intera indagine prese le mosse tra anni fa da una segnalazione della Polfer di Milano che aveva fermato due donne nigeriane residenti a Padova le quali viaggiavano in treno con due biglietti risultati acquistati con una carta clonata. Un particolare fondamentale, visto che l’utilizzo delle card clonate per acquistare biglietti nei self service in stazione a Padova, era massiccio. Massiccio al punto che Trenitalia qualche mese fa stava decidendo di sospendere la vendita automatica dei biglietti a Padova, e per buoni motivi: se in tutt’Italia la percentuale fisiologica di perdite causa truffe e simili si attesta sull’1 per cento, i distributori self service di biglietti in stazione a Padova creavano un buco del 6 per cento. Grazie alla banda dei clonatori.
Tre anni fa la Mobile iniziò la complessa ricostruzione delle cellule della grande rete distribuita tra Veneto, Emilia, Lombardia, Lazio, Piemonte. Un lavoro certosino. Fascicoli alti come vocabolari e ore di intercettazioni. Telefonate durante le quali i componenti della banda comunicavano in gergo: la “pizza” era la carta di credito clonata, l’“ufficio” era la stazione di Padova. Trenta i negozi e centri commerciali in città ad aver venduto merce e battuto scontrini anche di10 mila euro, a impeccabili signori o eleganti signore nigeriane. Per poi essere informati dalla banca dell’imbroglio: riavranno i loro soldi, ma l’iter non è breve né semplice e il danno c’è. Quanto alla merce acquistata, era tutto un giro di spedizioni a complici in Italia. Quella che arrivava a Padova, veniva indirizzata a un market in zona stazione: qualcuno ne monitorava l’entrata nel giorno previsto e intercettava il corriere prima che entrasse nel negozio, il cui titolare non sapeva alcunché.
Gli otto arrestati “padovani”sono: Bamidele Abayomi, 38 anni, titolare di tre soprannomi ovvero Chicago (da cui il nome dell’operazione), Baba e Bola; Adebola Balogun, 37 anni; Adbo Dee, 34 anni, che abita in via Romani; Christian Omoike, 26 anni, residente in via De Cristoforis; Omuru Peters, 51 anni; Thomas Joefred Omoregie, 41 anni; Emmanuel Okedele, 25 anni, via Confalonieri e Favour Olayemi, 25 anni, che abita a Ponte di Brenta. Per tutti, associazione a delinquere e ricettazione.
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