Chi vota Lega con tessera Cgil
Schizofrenia politica? Macchè: è la stessa voglia di certezze, sicurezza, dignità

Una bandiera della Cgil simbolicamente colorata in verde: sono molti gli iscritti al sindacato che nel Veneto votano per il partito di Bossi
Alle elezioni del marzo 2010, in provincia di Treviso la Lega Nord ha preso il 48%, mietendo consensi fra tutti i ceti sociali. Fra gli operai è stato un vero plebiscito, con il 60% dei voti, contro il 14% al Partito Democratico, e percentuali irrilevanti alla sinistra radicale. Tuttavia in questo mare verde, in molte aziende, specialmente (ma non solo) quelle medie e grandi, la Cgil gode di ottima salute. Molti iscritti e delegati della Cgil sono anche simpatizzanti della Lega. Come è possibile tenere assieme le istanze progressiste della Cgil con la rivoluzione conservatrice leghista? Alessandro Casellato e Gilda Zazzara, due storici contemporanei dell'Università di Venezia Ca' Foscari, danno una risposta nel libro Veneto Agro. Operai e sindacato alla prova del leghismo (1980-2010) - Istresco e Ires Veneto. Il cuore del volume sono diciannove interviste in profondità ai delegati della Flai, il sindacato agro-alimentare della Cgil delle provincie di Treviso e di Verona, rappresentanti delle realtà più varie: dalle poche decine di forestali del Cansiglio (Tv) ai milleseicento operai dell'Aia di San Martino Buon Albergo (Vr), enorme catena di s-montaggio di polli e tacchini. I delegati Flai sono gente del popolo, per lo più poco istruita e di famiglia povera, che ha trovato nella delega sindacale un'occasione per esprimere grandi capacità umane e di leadership. Alcune storie di vita sono straordinarie, piene di sudore e di faticoso riscatto. Come quella di Maria Grazia Santinato, operaia di 43 anni alla Mister Day di Bovolone (Vr), che a 13 anni (nel 1980, non nel 1930...), alla morte della madre, deve interrompere le medie per accudire i fratelli, il padre e il nonno, a sedici anni inizia a lavorare raccogliendo il tabacco, a diciotto entra nel biscottificio Mister Day. Per otto ore al giorno, Maria Grazia doveva prendere duecento pacchi di biscotti al minuto e metterli in scatola. Con le buone e le cattive, Maria Grazia diventa leader sindacale: «adesso abbiamo appena fatto le votazioni: ho preso quarantacinque voti, li ho stracciati, Cisl tre voti, Uil tredici, i suoi iscritti. Sono io la Michelle Obama di turno... Ma questo cancellalo dall'intervista!». Maria Grazia ha sposato un assessore leghista, e «con mio marito è guerriglia tutti i giorni. Ma sì, è fantastico, poi sai, ogni tanto mi freno. Io apprezzo la sinistra, ma loro hanno più carne al fuoco di noi. E' come andare in guerra con la forchetta mentre gli altri hanno il bazooka». I delegati Flai sono tutta gente eletta dalla base, che pensa e si racconta in dialetto, come uomini e donne che no e stà co le rece base (non stanno con le orecchie basse) davanti alle prepotenze e ai soprusi. Il successo della Lega e della Cgil sono due risposte simili alla stessa richiesta di certezze, di sicurezza, di dignità. Non è affatto un caso se la Lega trionfa nelle stesse terre - da Bergamo a Udine - dove per secoli dominò San Marco. Ma non per nostalgia del buon governo veneziano. Venezia prima e la borghesia agraria poi tennero sempre il popolo e le piccole borghesie locali ben lontane dal potere. Cinquant'anni di Dc - specialmente di Dc dorotea - sono poi trascorsi con una sostanziale delega in bianco, basata anche su scambi poco virtuosi (il voto in cambio del permesso di edificare dovunque, ad esempio), senza costruire una vera cultura politica. In questa prospettiva storica, Cgil e Lega prosperano perché rompono il diaframma fra popolo e potere, partendo dal vissuto concreto, in un contesto di crescente incertezza. Come scrivono gli autori nell'ottimo capitolo iniziale: «Le donne e gli uomini che abbiamo ascoltato (...) chiedono di trovare i modi per sentirsi sicuri, padroni a casa propria. Ribadiscono che anche loro sono fatti di carne e di sangue. Esprimono la richiesta di una globalizzazione che non li precipiti in una crisi di presenza, che non li esponga al rischio di naufragare, di spaesarsi, di perdere familiarità con il proprio mondo, che non li espropri di ciò che sono e che sentono di aver conquistato in anni molto recenti». Sono le stesse richieste che stanno dietro ai successi elettorali della Lega Nord. La vera sfida è soddisfarle, ma senza cadere nel populismo. Perché i politici e i delegati sindacali non dovrebbero dire e fare solo quello che vuole la gente, altrimenti si comportano come il medico pietoso, che ammazza il paziente. Senza una veduta lunga e realistica del presente e del futuro, senza progetti di medio e lungo periodo condivisi da molti, questa nuova partecipazione del popolo alla vita del paese, dei paesi e delle aziende rischia di trasformarsi - e molto rapidamente - in cocenti delusioni.
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