Chioggia, la città ferita che non si rassegna: a testa alta fuori dall’onda

CHIOGGIA. Scope, ramazze e secchi. Sono le armi del giorno dopo, quando il nemico si è ritirato e si può uscire dalla trincea. L’acqua alta record ha ferito la notte di Chioggia, e ieri mattina ha replicato. Solo intorno a mezzogiorno rimaneva in Corso del Popolo giusto uno specchio d’acqua puntellato di rifiuti, dove persino qualche minuscolo pesciolino guizzava in un habitat sconosciuto, illuminato da un sole beffardo che sembrava prendersi gioco del disastro tutt’intorno. Chioggia è chiassosa e viva, si è svegliata - se mai è andata a dormire - a testa alta e mostra il suo nerbo.
Case, negozi, locali e uffici sono stati invasi dall’onda scura e fredda dell’acqua alta che ha superato paratie e imbevuto i muri. Ci vorrà tempo per misurare i danni. E il conto si annuncia di quelli dolorosi. Eppure si avverte più reazione che rassegnazione. L’acqua è elemento di questa città, anche quando si presenta nelle vesti di un nemico minaccioso.
In Calle Duomo Sandra Voltolina sta impilando cartoni zuppi davanti la vetrina dell’Artigiana Premiazioni: «È arrivata prima del previsto, ci ha colto di sorpresa, le paratie non sono bastate» dice, «l’acqua non era mai arrivata a questo livello». Dall’altra parte della strada sono accatastati sedie e tavoli dell’Officina Alcolica: due ragazzi con gli stivali al ginocchio e i secchi in mano hanno il volto dipinto di rabbia: «È un disastro, stanotte non sapevamo come difenderci dall’acqua che filtrava dappertutto, il locale è seriamente compromesso, finora le paratie erano sempre bastate a salvarci».
Nella Stradale Ponte Zitelle Laura Nordio del bar Solaris si sente quasi fortunata: «Quando abbiamo rinnovato il locale una decina di anni fa abbiamo previsto una vasca per la raccolta dell’acqua che entra, così siamo al sicuro, ma un livello come quello di stanotte non si era mai visto, forse solo nel novembre del 2012 si era avvicinato. Da quando è in funzione il mini-mose l’acqua alta è sotto controllo qui a Chioggia, mi chiedo quando finiranno quello di Venezia e se funzionerà. Io me lo auguro perché temo che sarà sempre peggio». Mentre i ragazzini fanno a gara a chi fa l’onda più lunga, gli anziani fanno capannello agli angoli del Corso e si affidano ai ricordi.
Loro non hanno dubbi: «Solo nel 66 si è visto qualcosa di simile». Le donne si raccontano le gesta notturne per mettere in salvo mobili, elettrodomestici e suppellettili. Mostrano le foto nel telefonino che testimoniano i danni ma anche la determinazione con cui hanno cercato di affrontare la minaccia. «In 35 anni che vivo qui non ho mai visto niente di simile» dice Maria Teresa Perini che vive in Calletta Cipriotto, «l’acqua è arrivata al quarto gradino, garage e cantina erano sommersi. Il brutto è che sarà sempre peggio e io ho paura. Fa male vedere una città messa in ginocchio».
Eppure non è l’acqua, almeno non per tutti, il nemico principale di Chioggia. «Qui dobbiamo convivere con questo fenomeno, l’acqua c’è da sempre e anche i giorni di acqua alta. La vera ipoteca sul futuro di questa città è l’impianto di Gpl, quello spaventa» sbotta Michael. Il suo negozio, il Green Concept in Rione Sant’Andrea, ha patito danni ingenti: «L’acqua è arrivata all’altezza delle selle delle moto, non abbiamo potuto fare niente e niente farà nessuno per aiutarci, questo lo sappiamo. Ma questo è stato un evento eccezionale».
Davide del C&C Moda Giovane, che pure sta spazzando acqua da ore e fuori da negozio ha accatastata merce per centinaia di euro ormai da buttare, gli dà ragione. «Chioggia è questa, dobbiamo armarci e difenderci, non c’è altro». Sempre lungo Corso del Popolo si affaccia il negozio Tezenis dove sono in tre a darci dentro di ramazza. «Le paratie hanno fermato l’acqua che però si è infiltrata nei muri. Ci sono danni alla merce, agli arredi e agli impianti, un disastro». Una sola delle tre volenterose commesse vive a Chioggia: «La situazione è brutta, ma non mi passa per la testa di andarmene da qui. È la nostra città ed è così. Io voglio credere che si sia trattato di un evento eccezionale, non voglio pensare che questi fenomeni saranno sempre più frequenti».

Ma c’è anche chi inizia ad aver paura, come Antonella Pasquale che da oltre trent’anni gestisce il negozio Swarovski Expo 1261: «Qui è un macello, io abito a Sottomarina e anche lì stamattina era la desolazione totale. In negozio è saltato l’impianto elettrico, ci sono i mobili rovinati, sto cercando di mettere al sicuro la merce. Ho tanta paura che le cose andranno sempre peggio per colpa dei cambiamenti climatici, la voglia di mollare tutto è grande, anche se con rammarico». Tanti bar e ristoranti sono chiusi e i turisti, già pochi in questa stagione, si contano sulle dita di una mano. Per loro, poi, è più folklore che altro.

«Paratie e pompa non bastano più, non so come dovrò attrezzarmi» dice Fabio Fraccaro mentre pulisce la sua tabaccheria in Riva Vena, «abito qui da quando ero bambino e non ricordo un’acqua alta così disastrosa. In qualche modo dobbiamo difenderci, mica possiamo fare i bagagli e andarcene». Il vicino mercato del pesce è lontano da quel luogo vivace e colorato a cui si è abituati: c’è giusto un banchetto di pesce che ha provato a guadagnarsi la giornata, ma di clienti manco l’ombra. Dietro l’angolo stanno ripulendo la chiesa di Sant’Andrea Apostolo: «L’acqua è salita dal pavimento, non succedeva una volta, non credo sia un buon segno» commenta serafico un volontario.

Le ore passano e Chioggia piegata si rialza e si fa forza. Esce dall’acqua alta come si riemerge da un’onda. La città prende fiato, pronta a immergersi di nuovo.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova