Chiusa l’indagine sulla B&C per i veleni scaricati nel fosso

Si ruppe la cisterna, il cloruro finì in acqua: a polizia e Spisal fu impedito di entrare Sotto accusa i vertici dell’azienda di distribuzione di prodotti chimici industriali



Irritante e nocivo, capace di corrodere i metalli. Eppure se non fosse stato per un gruppo di cittadini, nessuno s’era preoccupato tra i vertici della ditta B&C srl di Albignasego di avvertire le autorità competenti che c’era stato uno sversamento di cloruro ferrico in soluzione acquosa nel fossato demaniale in via Pellico, la strada dove ha sede la ditta.

Le accuse

Era il 15 dicembre 2017. Ora il pm padovano Benedetto Roberti ha chiuso l’inchiesta. E rischiano il processo il presidente del consiglio di amministrazione dell’impresa specializzata nella distribuzione di prodotti chimici industriali in vari settori, il vicentino Sergio Pegoraro, 78 anni di Schio; l’amministratore delegato e responsabile alla sicurezza Alessandro Amorena, 68 di Treviso, con la Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda (rspp) Sabrina Bacco, 52 di Albignasego. Le accuse sono di getto pricoloso di cose – norma generica che comprende anche lo sversamento di un liquido in un’area pubblica – reato contestato a tutti e tre gli indagati, mentre solo la responsabile della sicurezza Bacco deve rispondere del ben più grave reato di aver impedito il controllo in azienda, negando l’accesso agli ispettori dell’Arpav (l’Agenzia regionale per la protezione ambientale) e alla polizia locale.

L’inquinamento

B&C srl nasce nel 2012 dall'unione di due realtà, Bettella Prodotti srl e Cristalsapo srl, con oltre 40 anni di esperienza nella distribuzione di prodotti chimici di base e di specialità per l’industria, l’agricoltura e i servizi. È un’importante impresa che conta ben 2000 clienti tra le aziende del Nordest, coprendo le aree del Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e delle province di Mantova, Brescia, Bologna, Ferrara, Ravenna e Piacenza. Quel 15 dicembre si rompe una cisterna contenente la soluzione acquosa di cloruro ferrico, impiegato per la depurazione di acque industriali. Il liquido, in notevoli quantità, finisce nella raccolta delle acque meteoriche del piazzale dove ha sede la società. Purtroppo manca una vasca di contenimento in grado di raccogliere il liquido contaminato. Così il cloruro ferrico prima scorre in strada poi nel fossato adiacente. Solo a chilometri di distanza alcuni abitanti si accorgono che le acque della canaletta lungo via Pellico si sono improvvisamente colorate di rosso. E, preoccupati, danno l’allarme.

Il divieto di ingresso

Scatta il sopralluogo degli ispettori Arpav e della polizia locale che raggiungono la ditta sospettata di essere la fonte dell’inquinamento. La responsabile Sabrina Bacco è informata dai dipendenti che la polizia giudiziaria vuole entrare. Ma lei ordina il divieto per evitare il sopralluogo. Tutto inutile, anzi peggio. —

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova