«Ci sono varie ipotesi delittuose»

È il motivo per cui la parte offesa chiede ci sia il processo Pedinamenti e intercettazioni: i particolari delle indagini
Di Francesca Segato
Monselice, 25.03.2013.Conferenza stampa vicesindaco su emergenza frane.Nella foto: Gianni Mamprin.ph. Zangirolami
Monselice, 25.03.2013.Conferenza stampa vicesindaco su emergenza frane.Nella foto: Gianni Mamprin.ph. Zangirolami

MONSELICE. Intercettazioni, appostamenti, riprese fotografiche. C’è tutto questo nell’operazione chiamata in codice “Cemento sostenibile”, l’indagine che i carabinieri del Noe di Venezia hanno condotto sulla vicenda del revamping Italcementi, e per la quale il sindaco Francesco Lunghi e l’ex presidente del Parco Colli Euganei Chiara Matteazzi hanno ricevuto un avviso di garanzia. Si ipotizzavano i reati di abuso d’ufficio, falso ideologico, falso materiale, corruzione per atto d’ufficio, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Ora il pm Federica Baccaglini ha chiuso l’indagine con una richiesta di archiviazione, ritenendo che gli elementi emersi non bastino per sostenere l’azione penale in dibattimento. Se ne discuterà comunque nel corso dell’udienza che sarà fissata nelle prossime settimane, dopo l’opposizione all’archiviazione avanzata dal comitato “E Noi?”, rappresentato dall’avvocato Maria Pia Rizzo.

L’incontro segreto. Tra le operazioni di indagine condotte dai militari del Nucleo operativo ecologico, spicca in particolare un pedinamento, durante il quale i carabinieri hanno trascorso una giornata alle costole della ex presidente del Parco. Il telefono della Matteazzi era già sotto controllo, nell’ambito delle intercettazioni telefoniche autorizzate per l’inchiesta. Tra l’altro, come osserva lo stesso pubblico ministero, la ex responsabile dell’ente di tutela dei Colli Euganei si caratterizza per essere molto “accorta” nell’uso del telefono, tacendo informazioni reputate “sensibili”.

Proprio questa sua reticenza ha messo sul chi vive i carabinieri del Noe, dopo una telefonata in cui, il 6 giugno 2012, la donna parlava con il marito di un incontro che si sarebbe tenuto il giorno successivo, alle 13, a Verona. I militari hanno quindi deciso di seguirla e il mattino del 7 giugno si sono appostati in una piazzola di sosta dell’autostrada A4, per poi proseguire la marcia verso Verona. Finché non sono riusciti a intercettare la Mercedes classe A nera guidata dalla ex presidente del Parco, che li ha superati all’altezza del casello di Grisignano di Zocco (Vicenza). I militari non si sono lasciati sfuggire l’occasione e hanno continuato a pedinare la Mercedes, fino a seguirla mentre usciva dall’autostrada a Montebello Vicentino e raggiungeva il parcheggio della trattoria “Al Castello”, a Sorio di Gambellara (Vicenza). Lì è avvenuto l’incontro tra la Matteazzi e un uomo. I due si sono intrattenuti a pranzo dalle 13 alle 15, parlando tra loro e con altri al telefono. Ignari della presenza dei carabinieri, che li hanno anche fotografati. L’uomo si è poi allontanato a bordo di un’auto che è risultata intestata a una società di autonoleggio e in uso a Italcementi: dalle successive indagini è risultato essere Edoardo Giudiceandrea, direttore tecnico di Italcementi e promotore del progetto di revamping di Monselice. Un incontro, sottolinea il pm, concordato “in modo segreto” e “in luoghi non visibili ai più”.

Il ruolo di Soragni. Rapporti molto stretti emergono, sempre da parte della Matteazzi, anche con Ugo Soragni, direttore regionale dei Beni culturali e paesaggistici. La stessa Matteazzi è poi stata assunta come dipendente proprio del ministero per i Beni culturali. Il ruolo di Soragni è cruciale nella vicenda revamping: il primo dicembre 2010 è sua la firma sul parere favorevole alla richiesta di Valutazione di impatto ambientale presentata da Italcementi. Questo nonostante meno di un mese prima, il 2 novembre, il Soprintendente architetto Sabina Ferrari avesse espresso un parere istruttorio contrario per l’impatto paesaggistico delle opere sul territorio dei colli. Per Soragni, invece, si può ritenere che il progetto «modifichi positivamente, sotto il profilo paesaggistico, le caratteristiche dell’impianto esistente».

L’avvio dell’indagine. Il primo impulso all’inchiesta l’aveva dato l’esposto presentato dal comitato “E Noi…?”, nel novembre del 2010. La vicenda del revamping in quei giorni era nella fase più calda: il 19 novembre il Parco approva la convenzione con l’Italcementi, 20 novembre 2010 escono allo scoperto i sindaci “pro revamping”, il 29 novembre il Consiglio comunale di Monselice dà il via libera capovolgendo il verdetto di maggio. E il 2 dicembre il Soprintendente Ugo Soragni rilascia il parere favorevole. Però il vero impulso all’inchiesta arriva solo diversi mesi più tardi, quando sul tavolo della Procura giunge anche la sollecitazione del Tar del Veneto. La terza sezione del tribunale amministrativo, con il provvedimento del 9 maggio 2012, dopo aver bocciato il revamping rinvia gli atti alla Procura, invitandola ad accertare se sussistano estremi di reato nella vicenda: un atto “forte”, che stupisce gli stessi carabinieri perché assolutamente inconsueto. Ed è solo a quel punto che scattano accertamenti molto più approfonditi, comprese le intercettazioni telefoniche.

L’archiviazione. Per il comitato e i suoi legali, la faccenda non può chiudersi qui. «La richiesta di archiviazione presenta conclusioni incoerenti con le premesse» sostiene il legale Maria Pia Rizzo nell’opposizione all’archiviazione. «Il pm non esclude né l’antigiuridicità amministrativa delle condotte ascritte agli indagati e ad altri vari soggetti» sottolinea il legale «né l’illiceità penale». Con le parole del pm, infatti, quella del Noe è una «coerente e logica ricostruzione dei fatti che portava a ravvisare ipotesi delittuose varie». Ancora, ricorda il pm, i “benefit” elargiti portavano a ritenere la sussistenza del reato di corruzione. Rileva l’avvocato: «Tale ipotesi delittuosa rappresenta un reato a concorso necessario (ovvero per corrompere ci vogliono un corruttore e un corrotto, ndr), ma nessun rappresentante di Italcementi risulta indagato nel procedimento». Per la parte offesa, siamo in presenza di una «poderosa mole di fatti accertati e di indizi gravi, precisi e concordanti, tutti convergenti nel favorire il progetto di revamping con modalità illecite, al punto di commettere vari falsi ideologici - reati documentali, quindi ampiamente dimostrati - in cambio di ampi vantaggi per gli amministratori e gli altri soggetti coinvolti, fatti anche questi tutti ampiamente accertati». Di qui la richiesta che sia il giudice a decidere sulla fondatezza dell’azione penale.

Le inchieste parallele. A fianco dell’inchiesta coordinata dal pm Baccaglini, altri fascicoli affini risultano aperti sulla questione del concorso per il posto di dirigente dell’area tecnica del Comune, vinto dall’ingegner Mario Raniolo. Se ne sono occupati via via nel tempo il procuratore capo di Padova Mario Milanese, i sostituti procuratori Emma Ferrero e Orietta Canova, ma anche la Procura della Repubblica di Venezia: il fascicolo risulta al vaglio del pm Paola Tonini.

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