Clinica odontoiatrica «Processate Favero e il direttore Stellini»

Accusati di dirottare i pazienti dalla struttura pubblica agli ambulatori privati. Il caso dopo un servizio di “Striscia”
Di Cristina Genesin

Chiusa l’inchiesta, ora si avvicina il rischio del processo per il professor Gian Antonio Favero, 62 anni originario di Motta di Livenza con residenza a Jesolo, ex direttore della Clinica odontoiatrica di Padova, e per i suoi collaboratori il professor Edoardo Stellini, 48 anni di Treviso, chiamato a succedere al “maestro” al vertice della struttura, e il dottor Michele Donà, 46 di Teolo, docente a contratto nel reparto universitario. Il pubblico ministero padovano Sergio Dini ha sollecitato il rinvio a giudizio nei confronti dei tre medici accusati di abuso d’ufficio e tentato abuso d’ufficio continuato, con l’aggravante di un vantaggio patrimoniale di rilevante entità, e di falso ideologico (reato, quest’ultimo, contestato solo a Favero). L’udienza preliminare è stata fissata per il 17 luglio davanti al gup Cristina Cavaggion che dovrà pronunciarsi sulla richiesta, salvo che le difese (i legali Antonio Franchini e Luigi Quintarelli per Favero; Federico Vianelli per Stellini e Lucio Merlin per Donà) decidano a favore di un rito alternativo.

In meno di sei mesi, a tempo di record, è stata chiusa l’indagine avviata in seguito alla denuncia trasmessa in procura dall’allora direttore generale dell’Azienda ospedaliera Adriano Cestrone (dell’Azienda fa parte la Clinica odontoiatrica, con sede in via Venezia). Denuncia inevitabile dopo un servizio firmato da Moreno Morello e trasmesso dal tiggì satirico “Striscia la Notizia” che segnalava come il professor Favero dirottasse molti pazienti della Clinica (struttura pubblica) agli ambulatori di sua proprietà noti come Cliniche Favero e diffusi in tutto in Nordest, da Cortina a Treviso, da Padova a Oderzo, Motta di Livenza e Pordenone. Attraverso i carabinieri del Nas, la procura ha svolto una serie di accertamenti, interrogando decine e decine di pazienti che si erano rivolti alla Clinica universitaria. E che avevano ricevuto la proposta di effettuare cure a un prezzo più basso e in tempi più rapidi negli studi odontoiatrici del professore, con tanto di biglietto da visita delle Cliniche Favero infilato in una busta. La contestazione della procura è molto articolata, benché riassunta nel reato di abuso d’ufficio (tentato e consumato). I tre medici, nella veste di pubblici ufficiali, sono chiamati a rispondere di aver violato il principio di imparzialità e di buon andamento della Pubblica amministrazione, gli articoli che disciplinano il trattamento dei dati personali e di tutela della privacy e il codice di comportamento dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni, l’articolo che impone l’obbligo di astensione in presenza di interessi personali e le norme che disciplinano il regime delle incompatibilità tra rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale e ogni altra attività lavorativa che presenti profili anche solo di potenziale conflitto di interessi con il Servizio stesso. Un esempio? L’attività lavorativa in strutture private convenzionate. Secondo l’ipotesi accusatoria in una settantina di casi il direttore Favero (l’incarico apicale è stato lasciato con anticipo in seguito allo scandalo giudiziario) avrebbe consigliato ai pazienti, che si erano sottoposti a una vista nella struttura pubblica, di rivolgersi ai suoi ambulatori privati con una doppia garanzia: tariffe ridotte e interventi più veloci. Una quarantina di pazienti erano “migrati”, una trentina o poco più avevano rinunciato, non accettando l’indicazione. Stellini e Donà avrebbero fatto altrettanto rispettivamente in due casi il primo (la madre Teresa Berghi è titolare di quote in alcune società cui fanno capo le Cliniche Favero), in una decina il secondo. Favero deve pure rispondere di aver attestato falsamente alla Direzione generale dell’Azienda ospedaliera di non essere nella condizione di incompatibilità, per conflitto di interessi, con il Poliambulatorio San Liberale, struttura sanitaria riconducibile a una delle sue società dove sarebbero stati spediti i pazienti.

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