Condannato vescovo emerito per falsa testimonianza

Un anno e 4 mesi (pena sospesa) al 92enne monsignor Alfredo Magarotto La vicenda riguarda una causa civile legata alla compravendita di un immobile



Un anno e 4 mesi per falsa testimonianza, tutto scaturito da una lettera scritta di suo pugno al giudice. È la sentenza di condanna per monsignor Alfredo Magarotto, vescovo emerito di Vittorio Veneto, nato a Pernumia, 92 anni, una delle figure di spicco della Chiesa veneta, una figura stimata ed apprezzata per oltre 50 anni. È stato ordinato vescovo di Chioggia nel 1990 e di Vittorio Veneto nel 1997, divenuto emerito nel 2003. Era stato pure vicario generale della diocesi di Padova per 17 anni, fino al febbraio del 1990.

lite fra parenti

La parte civile costituita nel processo è Graziano Fontolan, di Bovolenta (tutelato dall’avvocato Alessandro Baldina), figlio di una cugina di Magarotto. La vicenda storica oggetto del presente processo, è figlia di una causa civile nella quale Riccardo Fontolan agiva nei confronti del fratello Graziano. La cugina di Magarotto nel 1991 vende un immobile di pregio al figlio Graziano. L’altro figlio lo apprende alla morte della mamma. Ritiene che quella non fu una compravendita, visto che non gli risulta che la madre abbia incassato alcunché. Ma bensì una donazione mascherata. E poiché nei casi di donazione la legge prevede che il donante non possa ledere la parte di legittima intenta la causa verso il fratello. La causa viene vinta in primo grado da Graziano Fontolan, ma l’Appello ribalta tutto, dichiarando che quell’atto di compravendita è simulato e dissimula una donazione. Una decisione che arriva nel 2016.

teste decisivo

La testimonianza decisiva - e decisamente illustre - è quella del cugino della mamma dei due, ossia del vescovo Magarotto. In aula, all’epoca, disse che la donna gli riferì di non aver mai percepito alcunché da quella compravendita.

lettera manoscritta

Il 2 febbraio del 2017 Magarotto - che già da tempo vive nella residenza di via Della Provvidenza a Rubano - scrive al giudice civile (la causa ovviamente è già definita). Va a «rettificare e correggere la testimonianza resa». «Mai mi ha parlato di detta intestazione al figlio Graziano dei suoi beni e tanto meno che intendeva farla senza alcun pagamento del prezzo». A questo punto il giudice civile trasmette gli atti alla procura penale che decide di mandare a processo Magarotto. La difesa prova a giocare la carta dell’incapacità legata anche all’età avanzata. Ma una perizia stabilisce che il vescovo emerito è perfettamente sano e sa bene quel che dice e quel che fa. Quindi si arriva alla sentenza di condanna, ovviamente sospesa. In virtù di tutto ciò è possibile che si arrivi ad un nuovo grado della sentenza civile. —

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