Controlli sui pazienti guariti dal Covid a Padova. «Il 25% ha danni permanenti ai polmoni»

PADOVA.
Ci sono incubi dai quali è difficile risvegliarsi. Uno di questi è il Covid, e lo sa bene chi, nel pieno dell’epidemia, è finito in ospedale, ricoverato con una diagnosi spaventosa e una prognosi incerta. E per il 20-25% di quei pazienti, che pure nel frattempo sono tornati a casa, si tratta comunque di un brutto sogno destinato a non finire mai.
A fine agosto, l’Azienda ospedaliera ha portato a termine il primo follow up sui pazienti ricoverati con il Covid, a tre mesi dalla dimissione: sono stati visitati nell’ambito dell’ambulatorio multidisciplinare istituito dalla Fisiopatologia respiratoria in collaborazione con la Clinica cardiologica e l’Istituto di radiologia, proprio per seguire gli ex malati, persone tra i 45 e gli 80 anni, con un rapporto di ospedalizzazione di due uomini ogni donna.

«Abbiamo visitato la quasi totalità dei pazienti ricoverati in reparto o a Malattie Infettive tra febbraio e maggio» sostiene il dottor Andrea Vianello direttore della Fisiopatologia respiratoria «si tratta di circa un centinaio di persone che avevano manifestato sintomi gravi e che al controllo sono state valutate sia sotto il profilo polmonare, che evidentemente era il problema principale, che per la parte cardiaca, per escludere eventuali problemi correlati».
L’ambulatorio è stato creato, innanzitutto, per verificare le condizioni dei pazienti con indagini che verranno ripetute di nuovo a distanza di 6 mesi dalle dimissioni e, successivamente, a un anno. Il servizio è attivo al martedì ed è stato implementato: oltre a fornire assistenza agli ex pazienti ricoverati, è stato messo a disposizione anche di ex malati di Covid in arrivo da altri ospedali, compreso fuori regione.
In seconda battuta, i risultati così raccolti verranno utilizzati per uno studio epidemiologico. «Abbiamo notato subito che alcuni di loro, dopo la polmonite, continuavano a lamentare mancanza di fiato e astenia, ovvero una condizione persistente di stanchezza a distanza di tempo» rivela Vianello. Una conseguenza rilevata anni fa anche nei pazienti che avevano contratto la Sars.
Al momento, l’impressione dei medici è che la maggior parte delle limitazioni funzionali a carico dei “reduci” del Covid, sia di origine polmonare: «Dopo la tac, nel 60-70% dei casi i pazienti presentavano alterazioni radiologiche, mentre nel 50% c’era un’alterazione delle funzioni respiratorie» prosegue Vianello «complessivamente, in alcuni di questi ci aspettiamo che si tratti di una condizione reversibile e di vedere un miglioramento. Crediamo che pur in tempi molto lunghi, anche grazie al ricorso a una terapia farmacologica implementata dalla riabilitazione, alla fine arriveranno alla guarigione. Diversamente, per il 20-25%, l’esito finale sarà una fibrosi polmonare. Di fatto, per queste persone, non ci sarà mai un ritorno alla completa normalità». —
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