Cose e sentimenti del Giappone in una collezione che si fa mostra

GIAPPONE. Interesse, curiosità, meraviglia: la mostra “Giappone. Terra di geisha e samurai” apre oggi a Casa dei Carraresi e offre il suo approccio all’arte, alla cultura e ai costumi orientali che da sempre hanno affascinato e influenzato l’occidente. Otto sezioni tematiche per un corpus di circa 150 opere: sono paraventi, dipinti, foto, armature, kimono, specchi, oggetti quotidiani e per il culto, databili tra il XIV e il XX secolo raccolti nel corso alcuni decenni, e di molti viaggi, da Valter Guarnieri. Un trevigiano che insieme al padre ha dato vita a una collezione di circa duemila pezzi, mantenendone intatto lo spirito.
Testimonianza viva
La prima sala è dedicata all’aristocrazia di spada, ai samurai, che hanno governato il Paese ininterrottamente per oltre due secoli e creato il bushido, codice di condotta improntato ai valori di onestà, lealtà, coraggio, eroismo e onore e con un’attenzione all’aspetto estetico della vita e degli oggetti. Che traspare dal katana, un’arma letale che potrebbe essere scambiata per un’opera d’arte minimalista, e nelle quattro armature complete, usate nelle parate militari, con intrecci di tessuto, cuoio e ferro, dagli elmi originali, perché erano il segno distintivo per eccellenza del samurai.

Miti, dei e santi
La seconda sala, di miti, dei e santi, è forse la più affascinante, per la serie dei paraventi a più ante, dipinti a inchiostro e colori su carta. Come quello, bellissimo, dal titolo “Immortali taoisti”, che raffigura alcuni uomini e una donna, che raggiunta l’immortalità, fisica e spirituale, vagano in un giardino, tra pini, rocce e corsi d’acqua, e dove fa capolino un rospo bianco a tre zampe, simbolo dell’irraggiungibile per i comuni mortali. Tra poeti, eroi e demoni, è collocata una xilografia policroma, che illustra un episodio dei fratelli Soga, di Utagawa Hiroshige (1797 – 1858), artista che ha rivisitato arditamente il paesaggio, dopo le mille sfaccettature del monte Fuji, immaginate da Hokusai (1760 - 1849), altro grande interprete di quel periodo, influenzando gli impressionisti.

Rugiada e cascate
Il paesaggio è davvero diffuso nei dipinti verticali, esposti nella rassegna. Con le sue atmosfere umide soprattutto: di rugiada, piogge e spuma marina. E cascate, considerate alla stregua di divinità.
Nella quinta sezione non poteva mancare il topos per antonomasia, la geisha: volto ovale, cosparso di cipria bianca, abiti elegantissimi e modi cadenzati, educata in modo rigoroso, fin dalla tenera età, per intrattenere gli ospiti con la musica, il canto e la danza. Attraenti come le tre geisha dipinte sotto i ciliegi in fiore all’inizio della primavera nel paravento a sei ante del periodo Taisho (1912-1926).
Alle soglie del XX secolo, il Giappone è ancora un paese isolato. Tuttavia nel 1853 le navi militari statunitensi gli imposero di aprire i porti agli stranieri. Comincia così la scoperta da parte degli occidentali, documentata nella settima sezione, con una serie di fotografie all’albumina, acquistate in loco nel 1884 da un anonimo spagnolo.

Case e templi
Sono fotografie di alta qualità, di pagode, Buddha, templi e interni domestici, dove in calce il viaggiatore ha trascritto le sue impressioni. Alla calligrafia è dedicata l’ultima sezione, e potrebbe essere intesa come la capacità di trasformare il semplice esercizio della scrittura in opere d’arte. Che richiede però una preparazione complessa e lunga, perché un semplice errore è in grado di compromettere definitivamente il risultato finale.
La mostra, curata da Francesco Morena e promossa da Artika, si visita fino al 30 giugno. L'esposizione sarà aperta con i seguenti orari: dal martedì al venerdì: 10-19. Sabato, domenica e festivi: 10-20.
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