Crescente, il sindaco che immaginò il futuro
I 23 anni di amministrazione che hanno cambiato il volto della città

Il suo mandato fu il primo della Padova repubblicana, e quello di più lunga durata: ben ventitré anni. Un lungo periodo, durante il quale Padova vede il suo primo piano regolatore, la tombinatura dei canali e la nascita del Policlinico universitario, che all’epoca creò non meno discussione dell’attuale (futuro) nuovo ospedale. Cesare Crescente, mancato nel 1983 all’età di 97 anni, ha attraversato quasi un secolo di storia padovana, in gran parte da protagonista: è stato tra i fondatori del Partito Popolare, e uno dei primi tesserati della Dc. Come sindaco, ha lasciato un’impronta indelebile sulla struttura della città, che all’epoca iniziava a prendere la forma che conosciamo oggi. A lui un altro ex sindaco, Paolo Giaretta, e un giornalista, Francesco Jori, hanno tributato un’appassionata ricostruzione storica, edita dal Poligrafo: “La Padova del sindaco Crescente, (1947-1970)”.
Nel libro vengono messi a fuoco i suoi ventitré anni alla guida della città, raccontati con attenzione tanto ai fatti politici quanto alla persona, descritta attraverso i ricordi di amici, colleghi e oppositori. Dicevano di lui che fosse un «gentiluomo d’altri tempi» e che anche durante gli scontri più accesi, in consiglio comunale, invitasse con garbo a «offendere il meno possibile». Nato nel 1886 a Ponte San Nicolò (di cui fu sindaco per dieci anni), Crescente è uno dei tanti esponenti di una generazione di cattolici rampanti. Insieme a lui, solo per ricordare qualche nome, c’erano Gavino Sabadin, primo Prefetto dopo la Liberazione, Giuseppe Dalla Torre, direttore per quarant’anni dell’Osservatore Romano, e il più giovane (e più votato) parlamentare d’Italia, Sebastiano Schiavon, detto lo “strapassa siori” per la sua forte dedizione alla causa dei più deboli. Insieme a queste figure, Crescente consolida la sua carriera amministrativa prima della guerra, per poi allontanarsi dalla scena durante il fascismo. Ci torna, a gamba tesa, dopo la Liberazione: prima a Ponte San Nicolò, poi come vicesindaco di Padova.
Nel ’’47 prende le redini di una città devastata dai bombardamenti e dalla fame, ma piena di ottimismo per il futuro e carica di una forte spinta propulsiva, che non si era persa. Negli ultimi decenni, Padova aveva visto nascere la prima automobile a scoppio al mondo, realizzata dal professor Enrico Bernardi, e la prima fiera, con l’inaugurazione (anche qui, una novità mondiale) della prima Campionaria. Era una città vivace e produttiva, che dopo la guerra riparte con tutte le sue contraddizioni: con la ricostruzione un po’ disordinata, soprattutto nelle periferie, e con l’ambizione di diventare la Milano del Veneto, un sogno ingloriosamente tramontato.
Nel frattempo, sotto Crescente, la città prende una serie di svolte decisive. Per l’edilizia arriva il piano regolatore firmato dall’urbanista Luigi Piccinato: è il secondo in Italia, dopo quello di Bologna. Tra le tante novità introdotte c’è l’attuale zona industriale, che per la prima volta delimita l’area e impone limiti sulle costruzioni. Spariscono, poi, le riviere: una scelta oggi contestatissima, che tuttavia all’epoca fu approvata all’unanimità. Una tra le pochissime voci controvento, fu quella di Diego Valeri.
In città si discuteva (tanto per cambiare) di ospedale. L’università aveva un piano preciso, approvato negli anni Trenta, che prevedeva l’edificazione del Policlinico a fianco del Giustinianeo, demolendo una parte delle mura cinquecentesche. Il progetto si blocca con la guerra e torna in auge subito dopo, con l’appoggio del Comune. Unico oppositore fu Piccinato, che con il senno di poi ebbe un’intuizione tanto lungimirante quanto inascoltata: non costruire sul vecchio, ma individuare una zona fuori dalle mura. Crescente prende l’incarico già avanti con l’età e lo lascia molto anziano, a 83 anni, lasciando il posto, nel ’79, al 38 enne Ettore Bentsik. La successione fu burrascosa, il congedo garbato: «Ascolti pure tutti quelli che crede» fu l’unico consiglio al giovane successore «ma quando deve decidere, lo faccia da solo».
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