Da lockdown a vaccino. In omaggio con il Mattino le parole di un anno da rileggere insieme
Domenica 21 febbraio un Album di 24 pagine in regalo con il giornale. È un invito ai lettori: ricordare è la forza che aiuta a ripartire

Ed è accaduto come sempre accade, quando qualcosa di straordinario rovescia nel bene o nel male la nostra vita. Se non tutti, certamente molti ricorderanno il punto esatto della cesura: il prima e il dopo, l’ultimo film visto al cinema, l’ultima pizza con gli amici, l’ultimo concerto allo stadio o in teatro, quel progetto di un viaggio, accarezzato e mai nato.
Un anno fa, la sera del 21 febbraio, il coronavirus entrava nella nostra vita: prima era qualcosa che accadeva lontano da noi, una notizia via via più insistente ma figlia di altri mondi e affare di altra gente; quella sera, accerchiati da Vo’ a Codogno, abbiamo capito che stavamo rotolando verso l’ignoto. Tornare indietro non si poteva più.
Un anno dopo lo possiamo dire: le nostre vite sono state sconvolte. I pilastri della quotidianità hanno ceduto, le pareti delle certezze sono implose.
Nel giro di una notte abbiamo dovuto ridisegnare abitudini e ritmi, fare dell’impossibile la norma. Abbiamo indossato mascherine e guanti, abbiamo guardato il mondo attraverso occhiali appannati, abbiamo disinfettato ovunque le nostre mani portandoci dietro odore di alcol o di disgustose essenze dolciastre.
Abbiamo imparato a fare un passo indietro, a fare la fila fuori, a comprare quel che serve di fretta per non intralciare gli altri.
Siamo qui a sognare il ritorno alla normalità ma non comprendiamo bene cosa significhi, adesso, normalità, né se o quando riusciremo a tornare a stare veramente, serenamente vicini: a guardare un film girato due anni fa, quell’abbraccio tra sconosciuti ci fa saltare sul divano.
Da un anno, cancellando la pausa estiva che è stata troppo breve, tormentata e minacciosa per essere davvero vissuta, abbiamo dimenticato cos’è una mamma che per strada sorride al suo bambino.
Chiusi nel mondo chiuso, abbiamo visto cose che ci hanno spezzato il cuore: la processione dei camion con le bare dirette ai crematori, il Papa solo sotto la pioggia che benedice lo sgomento globale, il bimbo siciliano filmato dalla mamma, che piange disperato perché vuole andare a scuola, al parco con gli amici e a casa dei nonni.
Abbiamo immaginato cose che ci hanno tormentati: le famiglie costrette in spazi minimi, quelle rinchiuse a farsi carico della gestione di disabilità, quelle minacciate da una presenza violenta.
Abbiamo cantato sui balconi e pianto quando non ci vedeva nessuno, abbiamo dimenticato le abitudini di una vita per lasciarci portare dalla corrente di un fiume che in mare sembra non voler sfociare mai e continua a inventare nuove insenature, una dopo l’altra dopo l’altra dopo l’altra.
Eppure nel mare grande della normalità, sia pure di una nuova normalità, noi torneremo; dimenticare non sarà possibile, rimuovere non sarebbe saggio.
Ricordare insieme è quello che vi offriamo di fare, con uno speciale che domenica 21 febbraio troverete in edicola, in omaggio, insieme al nostro giornale: in un Album di 24 pagine abbiamo raccolto le parole di un anno e le abbiamo lette e interpretate con l’aiuto dei nostri giornalisti, di autorevoli collaboratori, di esperti, di chi ha vissuto sulla propria pelle situazioni al limite.
Dal lockdown che ha svuotato le nostre città e le nostre vite all’emergenza che è stata, ed è ancora, gestita tra mille quotidiane variabili; dalla comunità che è diventata sostegno alla solitudine di quelle notti di strade deserte e luci accese nelle case; dalla resistenza di chi si è preso cura di noi alla lotta di chi ha combattuto contro il male; dalla preghiera alla distanza alle nuove regole sociali dello smart working e della dad.
Dal silenzio dei teatri e della cultura alla solidarietà di chi è stato capace di portare, fin da subito, concrete risposte a concrete necessità. Dal linguaggio che di parole fino a ieri sconosciute ha fatto uso comune alle connessioni che ci hanno spesso salvati, e a volte confusi e disorientati.
Dalla scienza che ha lavorato per noi alla speranza chiamata vaccino. Fino alla nostra psiche: perché il tempo difficile che abbiamo attraversato sarà finito solo quando lo avremo compreso ed elaborato fino in fondo. Il viaggio che ognuno di noi ha compiuto in questo anno è stato il viaggio di tutti: lontani eppure mai come adesso uniti.
Vi invitiamo a condividere con noi questa rilettura, e vi dedichiamo una parola da sottolineare in rosso: abbracci. Perché torneranno, devono tornare, e sarà così bello, sarà come rinascere.—
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