Da magazziniere in Italia a insegnante in Cina

In tre anni ha aperto quattro scuole di Italiano in Cina, il suo futuro parla asiatico e rimprovera all’Italia di non cogliere le opportunità con l’impero celeste. Lui è Marco Zambon, 38 anni,...
Di Elvira Scigliano

In tre anni ha aperto quattro scuole di Italiano in Cina, il suo futuro parla asiatico e rimprovera all’Italia di non cogliere le opportunità con l’impero celeste. Lui è Marco Zambon, 38 anni, laureato in Storia e Filosofia e precario come tanti fino al 2012. È questo l’anno in cui – dopo un incidente – l’azienda dove lavorava come magazziniere l’ha lasciato a casa. Marco non si è dato per vinto trasformando quella “sconfitta” in un successo. «Ho deciso di cercare lavoro all’estero» racconta, «sono partito appoggiandomi a un’amica a Nanjing. Non conoscevo una parola di cinese, mi sono barcamenato con l’inglese e, casualmente, ho trovato lavoro come insegnante di Italiano, sostituendo una ragazza che tornava temporaneamente in Italia. Ho iniziato così a lavorare nelle scuole italiane private. Per un paio di anni non mi sono risparmiato: da lunedì alla domenica, la prima lezione alle 6, l’ultima alle 21 e portavo a casa anche 2500 euro al mese». L’amore dei cinesi per l’Italia è appassionato e romantico, veste gli abiti del sogno eterno ma con il sapore del business redditizio. E la storia di Marco ne è una dimostrazione. La svolta nel 2014. Quando Marco ha incontrato Diletta Caprilli e il fidanzato cinese Long Yang. «Un giorno Diletta mi contatta su Facebook» ricorda Marco, «insegnava già Italiano ai cinesi di Prato, mentre Long parla perfettamente la nostra lingua perché ha vissuto 10 anni in centro Italia». Accomunati dal sogno di aprire una scuola di Italiano in Cina, ci hanno impiegato tre mesi a realizzarla: «È nata Basilico Nanjing. Abbiamo disegnato noi la planimetria, lavorato giorno e notte e Long è stato decisivo per la burocrazia, con i tanti timbri e moduli da presentare, ma la differenza con l’Italia è la velocità: intanto cominci a lavorare, poi ti metti in regola con la licenza. Siamo l’unica scuola con insegnanti madrelingua, in pochi mesi abbiamo composto la nostra prima classe (12 studenti) e oggi abbiamo tre ragazzi cinesi in amministrazione e due insegnanti venticinquenni italiani: Fulvia Marona della provincia di Milano e Michele Mazzei di Pistoia. L’anno scorso abbiamo avuto 110 studenti; abbiamo allargato ai corsi on line e aperto tre sedi distaccate: Nantong, Hangzhou e Suzhou che contano 8 insegnanti, 4 cinesi e 4 italiani». Un corso di Italiano costa 3 mila euro per 720 ore: 4 ore al giorno da lunedì al venerdì per circa 8 mesi. «Gli stipendi per chi insegna sono equiparabili a quelli italiani, la differenza la fa il potere d’acquisto: ristoranti, benzina, cibo, vestiti, costano molto meno. Gli affitti soltanto sono alti». Chi sono gli studenti? «Soprattutto liceali che vogliono iscriversi all’università in Italia» spiega Marco, «figli della ricca borghesia che non trovano posto nelle poche e molto selettive università cinesi e così guardano all’estero. L’Italia poi è anche il grande sogno: arte, musica, design industriale; le grandi firme sono dappertutto, come il cibo italiano e le Ferrari. Poi» prosegue Marco, «ci sono gli studenti già laureati in Cina che vengono in Italia per specializzazioni o master. Noi siamo anche sede d’esame per le certificazioni linguistiche. Dall’anno scorso ci occupiamo anche dell’iscrizione in Italia e della burocrazia: sanità, casa, assicurazione, documenti, ma anche la scheda telefonica». A frequentare i corso ci sono anche aspiranti guide turistiche, uomini d’affari e appassionati che vogliono leggere i classici in lingua. «L’Italia potrebbe fare molto di più» assicura Marco, «tantissimi cinesi sognano l’Italia, di vedere una fontana, ammirare un quadro o, semplicemente, mangiare una pizza. Noi diamo tutto per scontato, non sfruttiamo le opportunità». Ma sono molti anche gli italiani che mandano il loro curriculum in Cina: «È vero» conferma Marco Zambon, «la selezione deve tener conto di un aspetto: non basta la competenza, i candidati devono dimostrare passione per questo paese. Mi farebbe molta paura assumere una persona che non sia mai venuta in Cina e non ne conosca la cultura e la realtà contemporanea fatta di tanti aspetti. Non ultimo, quello di dover moltiplicare tutto per un miliardo e mezzo».

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