Dall’Hard Rock Cafe al Casinò

VENEZIA. Dalla lotta corpo a corpo con gli alligatori alla pancia del benessere, anzi dell’opulenza, di una ricchezza smisurata fatta di uomini, cose e intuizioni geniali. Circondato da moglie e figli, assistenti e collaboratori, sbarca in laguna per poche ma intese ore James E. Billie, universalmente noto come Chief Billie, capo (nel vero senso della parola) della tribù degli Indiani Seminole della Florida, l’unica mai sconfitta e proprietaria del marchio universalmente notissimo Hard Rock International.
Dopo aver reso prodigioso tutto ciò che ha toccato, Chief Billie, 73 anni, rende elettrico anche tutto ciò che dice, nella saletta al primo piano dell’Hard Rock Cafe veneziano di Bacino Orseolo, a cominicare dalla sua storia personale che mescola con lo stupore della sua prima visita a Venezia. «È una città bellissima e incredibile anche se forse c’è troppa troppa acqua» dice. Più prosaicamente, aggiunge: «Hard Rock e la Tribù dei Seminole sono molto interessati al mercato italiano e veneziano. Non vedo l’ora di poter discutere di nuove possibilità di crescita nell’area».
Dotato di intuizione e velocità d’azione straordinarie - le stesse che gli sono servite per portare la sua tribù di 4 mila anime dalla massima emarginazione alla massima ricchezza, padrona oggi di 202 cafe, 21 hotel e 10 casinò in 64 paesi del mondo - Chief Billie non dice nulla per caso. «Cinque anni fa siamo stati a Venezia per vedere il Casinò di Ca’ Vendramin Calergi e quello di Ca’ Noghera e soprattutto la sede sul Canal Grande ci piacque moltissimo» spiega il presidente e amministratore delegato Hamish Dodds. «Certo, se dovessimo essere coinvolti in questo business non toccheremo nulla del palazzo storico ma per entrare eventualmente nel Casinò dovremmo trovare altri soci. È vero che il premier Renzi sta aiutando molto le aziende straniere a venire a investire in Italia».
Il potenziale Venezia, del resto, è beno chiaro a Chief Billie, incapace di sbagliare un colpo da quando, ritornato dal Vietnam, nel 1979 decise di tentare la strada del Gaming indiano aprendo una sala bingo ad alto rischio nella riserva Seminole di Hollywood. Quindici anni dopo durante un volo “in business” si ritrovò seduto causalmente vicino all’allora presidente di Hard Rock International. «Mi parlò dei suoi cafe e io gli parlai del nostro bingo» racconta capo Bill «finché decidemmo di lavorare insieme». Nel 2007, per poco meno di un miliardo di dollari, la tribù dei Seminole acquistava la società Hard Rock International allargando gli orizzonti di un impero che conta, oltre alla gestione delle slot machine della Florida e casinò in tutot il mondo, allevamento di bestiame, supermercati, stazioni di benzina, coltivazioni di agrumi. «Un tempo eravamo cacciatori di bestie nei boschi» dice ancora chief Billi «oggi diamo cacciatori di business e Hard Rock e la nostra preda migliore. Perché piace tanto? Perchè è romantico ma è anche sexy».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova