Dazi, a rischio export da 1,2 miliardi per 400 imprese del Padovano
Soprattutto nel manifatturiero sono occupati circa 3.500 addetti. Già previsti quattro miliardi di euro di danni in Veneto

Si prospettano tempi duri per le aziende padovane che, nel tempo, hanno consolidato relazioni commerciali con gli Usa. L’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sull’introduzione di dazi al 30% per le importazioni rappresenta un colpo duro alle economie locali più proiettate verso l’export. Particolarmente colpita la provincia di Padova, tra le più esposte a questo tipo di dinamiche.
Secondo l’Ufficio Studi di Confartigianato, il territorio è al quindicesimo posto in Italia per esportazioni verso gli Stati Uniti con un valore che, nel 2024, ha raggiunto 1.224 milioni di euro.
L’incidenza delle esportazioni sul valore aggiunto provinciale si attesta al 4,1%, un dato superiore alla media nazionale, che rende evidenti i rischi legati a eventuali politiche protezionistiche. Ad essere più esposti sono settori chiave del tessuto produttivo locale, come la moda, l’arredo in legno, i metalli e le manifatture avanzate.

È in questi comparti che si concentra il saper fare artigiano padovano, un patrimonio economico e culturale che oggi rischia di subire contraccolpi pesanti. Secondo i dati Istat, delle circa 10.200 imprese del settore manifatturiero del padovano, il 22,3% esporta i loro prodotti nel mondo: tra queste, evidenzia l’istituto Tagliacarne, centro studi delle Camere di Commercio italiane, circa il 14% sono esposte con gli Stati Uniti.
Solo oltre 400 le imprese esportatrici del settore del manifatturiero padovano direttamente coinvolte in attività di vendita dei propri prodotti con gli Usa, per un totale di 3.500 occupati.
L’incremento al 30% dei dazi statunitensi rischia di mettere in difficoltà tutte queste imprese e i loro addetti, mettendo un’altra ipoteca pesante sulla ripresa di un sistema produttivo che stenta a riprendere slancio dopo il rimbalzo post covid.
In termini di costo economico, il computo diventa più difficile: secondo Banca d’Italia, ad esempio, circa il 43% delle esportazioni dell’Italia verso gli Stati Uniti si riferisce a prodotti di qualità alta e per un altro 49% di qualità media.
Di fatto, si tratta di beni per lo più diretti ad acquirenti, persone fisiche o imprese, a elevato reddito che potrebbero rimanere indifferenti a un aumento del prezzo causato dall’introduzione di nuove barriere doganali.
Nel primo quadrimestre 2025, l’export verso gli Usa ha registrato una crescita complessiva dell’8, 2%, trainata però dal settore farmaceutico (+74,5%), mentre gli altri comparti manifatturieri hanno subito una riduzione del 2,6%.
Nei settori artigiani, si segnala un calo dell’export del 9,7% per altre manifatture (occhialeria, gioielleria), –6,8% per prodotti in metallo, –2% per mobili. Tengono alimentare (+9,3%) e moda (+3,6%). La Cgia di Mestre (Confederazione generale italiana dell’artigianato) stima che, per il Veneto, i danni potrebbero superare i 4 miliardi di euro, con ricadute importanti anche per le imprese padovane.
Oltre all’impatto diretto sui prodotti esportati, i dazi generano effetti indiretti: la minore domanda da parte di Paesi che utilizzano semilavorati e macchinari italiani per esportare negli Usa penalizza ulteriormente le imprese venete e, quindi, anche quelle padovane. Il deprezzamento del dollaro rispetto all’euro (-11,2% tra gennaio e giugno 2025) aggrava la competitività del made in Italy sul mercato statunitense.
Secondo le associazioni di categoria, trovare nuovi mercati di riferimento non sarà immediato: per molte aziende padovane, guardare oltre gli Usa è una questione di sopravvivenza e a rischio non ci sono soltanto le aziende ma anche il personale che vi lavora.
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