Decine di occhi incollati agli schermi: al Musme di Padova la visita si fa a distanza

PADOVA. Si definisce visita guidata virtuale perché non è in presenza: il visitatore è a casa sua, non al museo, eppure la percezione dell’emozione, della sapienza e della passione sono potentissime. Il Musme, il Museo di storia della medicina, è pioniere della divulgazione a distanza: sono stati i primi in Italia a proporre le visite in webcam durante il lockdown del 2020.
E mercoledì, entrando nelle sale di via San Francesco con 70 ragazzi di seconda media di Campodarsego, sembrava di essere lì, di vedere con i propri occhi e non attraverso il filtro del display, di toccare con le proprie mani e non con un asettico mouse e di ascoltare la voce della guida come fosse stata lì davanti e non dietro gli schermi di pc e tablet dei ragazzi.

Nessun fruscio di rumori, né pause tecniche, né connessione che salta all’improvviso. Il filo del microfono sotto gli abiti, la telecamera mobile che segue la guida e tutto fila liscio. Del resto, dietro le quinte, c’è una sapiente regia fatta di strumenti e persone.
Come Nicolò Quareni, che prima del Covid si occupava di business, ma adesso è un registra certosino e un moderatore scrupoloso delle chat. Oppure Dedra Da Re, guida del volontariato civile. O ancora Isabella Bonasera, storica prestata alla scienza, appassionata divulgatrice e sagace comunicatrice.

Tutto ha inizio con un paragrafo dedicato alla storia dell’ospedale del Novecento perché quello padovano era tra i più moderni del suo tempo. Poi l’ingresso ad effetto di Sibila De Cetto, che è stata la fondatrice dell’ospedale di San Francesco.
Non c’è dubbio, il Musme virtuale è una grande sfida che mette in campo trucchi ed escamotage per tenere alta l’attenzione del visitatore. La grande energia sprigionata dalle sale in presenza trova il modo di attraversare l’etere. Lo si capisce dal silenzio dei grandi: conquistati.
Dalla partecipazione in chat dei più grandicelli delle medie: «Mai insulti, mai offese – precisa Nicolò – ma ogni tanto va moderato l’entusiasmo dei ragazzi, altrimenti la chat si intasa». Ma soprattutto l’energia è sprigionata dal guizzo dei piccoli che non conosce né confini né filtri. Le loro domande sono originali, sempre interessate, spesso divertite e aprono mondi anche a chilometri di distanza. «Tuttavia a volte le risposte ci spiazzano – riferisce Isabella – Ad esempio, dopo un anno e mezzo di pandemia, ci si aspetterebbe che tutti gli studenti conoscano a menadito la differenza tra virus e batterio o che sappiano riconoscere cosa concorre al diffondersi di un’epidemia».

Ancora oggi tra viaggi, zoonosi (quando un virus passa dall’animale all’uomo), densità demografica e distanziamento sociale, che sia quest’ultimo a non fare proliferare un’epidemia non è chiaro al 100% degli studenti. «Il finale – rivela Isabella – per noi che siamo schierati con decisione a favore dei vaccini, è una celebrazione di quest’arma potentissima. Basti pensare alla polio: se dovessimo abbassare il livello dei vaccini questa malattia tornerebbe perché è ancora presente nel mondo».

«La Fondazione Musme sta investendo nella socialità dei ragazzi – aggiunge Francesco Peghin, presidente della Fondazione – Offrendo delle visite virtuali gratuite per le scuole elementari, medie e superiori. Negli ultimi mesi siamo riusciti anche a coinvolgere altri sponsor, prima fra tutti la Regione; poi i supermercati Tigotà che hanno proposto visite sull’igiene o i Despar che hanno offerto un percorso sull’alimentazione sana. Stiamo facendo del nostro meglio, continueremo ad investire sulla modalità virtuale, ma non vediamo l’ora di tornare ad aprire le porte del museo». —
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