Delitto De Cia, un sospetto dopo 21 anni

La giovane cresciuta a Padova fu uccisa nei boschi di Primiero Manca però la prova decisiva, si va verso l'archiviazione
LA VITTIMA. Maria Luisa De Cia
LA VITTIMA. Maria Luisa De Cia
 La Squadra mobile di Trento è sicura di aver individuato l'omicida, ma la mancanza di prove rischia di portare alla seconda archiviazione, complice anche la distruzione dei reperti. Si tratta del delitto di Maria Luisa De Cia, trovata uccisa tra i boschi del Primiero il 16 agosto 1990. La donna aveva allora 28 anni. Era cresciuta a Padova, si era diplomata al Calvi e aveva lavorato alla Safilo, pur essendo iscritta alla facoltà di Scienze politiche. Il caso era già stato archiviato nel 1993. Era stato riaperto l'autunno scorso ma ora si va verso una nuova archiviazione, chiesta dal pm Davide Ognibene perché «non sono emerse fonti di prova sufficienti per sostenere l'azione penale».  E questo nonostante la Squadra mobile di Trento sia convinta di aver individuato il presunto responsabile. Ma manca una prova da portare in tribunale a sostenere l'accusa, mancano i reperti su cui ora sarebbe possibile effettuare la prova del Dna, perché sono stati distrutti, mancano nuove testimonianze che possano portare la cosiddetta prova regina.  Ma chi sarebbe? Secondo la Squadra mobile di Trento tutto porterebbe ad un imprenditore montebellunese, allora 40enne, proprietario di una baita vicina al luogo del delitto. Hanno perquisito baita e casa, alla ricerca di un pezzo di nastro adesivo uguale a quello messo sulla bocca della povera ragazza quell'agosto di 21 anni fa, ma non è stato trovato alcunché. Ma perché gli inquirenti della Squadra mobile si sono indirizzati verso di lui? La descrizione che ne viene fatta è di una persona sensibile alle grazie femminili, abile nella manualità, tanto da fabbricarsi armi e pallottole, proprietario di quella baita vicina al sentiero dove era passata la De Cia, spesso nei boschi a cacciare. E poi montebellunese e come tale, anche se lui ha negato quando è stato sentito, poteva conoscere la donna. Anche l'arma utilizzata per uccidere ha indirizzato i sospetti verso di lui: il cranio della De Cia era stato trapassato da un proiettile calibro 9 di fabbricazione artigianale sparato a bruciapelo e in casa dell'imprenditore venne trovato un pentolino per forgiare le ogive.

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