Deride ragazzo morto per overdose su Facebook. La famiglia lo denuncia

CITTADELLA. Ha commentato su Facebook - in modo sprezzante - la morte di Federico Bertollo, il 22enne di Cittadella ucciso da un'overdose di eroina un mese fa. Ed ora si è beccato una denuncia per apologia di reato e diffamazione aggravata.
La famiglia della vittima, con il fratello, l'avvocato Andrea Bertollo, non lascerà correre, ha sentito che nel mondo virtuale dei social c'è un veleno che non deve necessariamente essere lasciato correre. E così – per tutelare la memoria di una persona amata e per mettere un freno all'odio - si è rivolta alle forze dell'ordine.
I carabinieri sono quindi intervenuti nei confronti di Mattia Costacurta, 36 anni, originario della città murata ed ora residente a Perugia. Al centro dello scontro ci sono alcune frasi velenose, pubblicate commentando la notizia della tragedia apparsa online: «Sono incazzato come un'ape. Ivano (Sogliacchi, l'uomo arrestato che somministrò la dose fatale a Federico: ndr) è un mio amico da più di 20 anni».
Il ventenne viene descritto come il «cretino che è crepato», «non sapeva farsi da solo ’sto inetto», «vaffanculo ragazzini che non se sanno drogare». Il familiare e legale definisce queste esternazioni «deliranti» e ritiene «calpestata e diffamata la memoria di un ventenne appena deceduto».
Non solo, è convinto ci siano anche gli estremi del reato di apologia di reato: «L'autore del post», si legge nella denuncia presentata all'Arma, «finisce per esprimere, nella sostanza, un giudizio positivo sull'autore del delitto, ovvero lo spacciatore, in quanto la "colpa" del tragico evento non è di chi "spaccia" ma di chi "non sa farsi”. L'esternazione è tale da determinare il rischio della consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli rimasti offesi dal crimine che si è consumato».
A questo proposito viene richiamata una sentenza della sezione penale della Cassazione che ritenuto che su Fb possano determinarsi messaggi di «contenuto apologetico». Nuovo sale su una ferita apertasi in maniera irrisolvibile il 19 agosto in una stanza dell'abitazione di Borgo Treviso di Sogliacchi, ora in carcere, che aveva procurato la droga con i soldi di Federico; con loro anche un amico, di 43 anni, seguito dal Sert, che nei giorni successivi ha raccontato le ultime terribili ore.
Il corpo abbandonato, il pensiero che Federico stesse solo dormendo, mentre stava morendo. Si è così spento un giovane ricco di talenti, che cercava pienezza e felicità. Per lui la salita era difficile, dopo che a 14 anni un drammatico incidente ne aveva paralizzato un braccio troncandogli il sogno più grande, quello di diventare chitarrista. Eppure continuava a cantare, e da qualche tempo lavorava in una cooperativa, era felice perché i suoi datori di lavoro, visti i buoni risultati, dal part-time volevano metterlo a tempo pieno. «Sto riprendendo in mano la mia vita», aveva confidato alla mamma. —
Silvia Bergamin
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