Diagnosi errata, medici nei guai
Si era sottoposto al vaccino antinfluenzale e, poco dopo, aveva cominciato a star male. Tanto da dover ricorrere alle cure del Pronto soccorso. Immediato il ricovero di fronte al peggioramento delle sue condizioni: nell’arco di 13 giorni Bruno Armani, quarantaduenne di Roncaglia di Ponte San Nicolò, era entrato in coma e aveva subìto un disperato intervento al cervello. Tutto inutile: la morte era arrivata il 16 novembre 2009. Quel vaccino non avrebbe avuto alcuna responsabilità, come chiarito poco dopo dai vertici ospedalieri. L’inchiesta sul caso, ormai definita, contesta a due medici dell’Azienda il reato di cooperazione in omicidio colposo per aver sbagliato diagnosi. E per aver anche perseverato in quell’errore, nonostante di giorno in giorno lo stato di salute del paziente fosse sempre più negativo. Si tratta della dottoressa Nilla Maschio, 46 anni di San Martino di Lupari, ematologa, e del collega di Medicina generale Nicola Di Vitofrancesco, 60 anni di Padova, entrambi difesi dall’avvocato Lorenzo Locatelli.
Il 3 novembre 23009 Bruno Armani, di professione manutentore meccanico in un’azienda di Noventa, si fa vaccinare per evitare il rischio di un’influenza. Tre giorni più tardi i primi malesseri con sintomi vari come lingua e linfonodi ingrossati, mucose della bocca con piccole ulcerazioni, emorragie al naso continue e, sul braccio dove era stato infilato l’ago, una “petecchia”, un’emorragia di piccole dimensioni provocata, in genere, da problemi di coagulazione. Il medico di base suggerisce all’uomo di consultare il Pronto soccorso e il 6 novembre i medici dell’Azienda ospedaliera decidono per il ricovero e ulteriori accertamenti di fronte a esami del sangue che rivelano una forte piastrinopenia o carenza di piastrine. Ma i disturbi si aggravano, mentre - sostiene il pm Sergio Dini che ha coordinato l’indagine - l’ematologa Maschio esclude una scistocitosi a favore di una piastrinopenia autoimmune. Una diagnosi errata, in base alla consulenza tecnica degli esperti della procura, condivisa dal dottor Di Vitofrancesco anche se i mancati risultati della terapia avviata avrebbero dovuto comportare una rivalutazione dell’ipotesi diagnostica o una nuova “lettura” di ulteriori esami ematochimici.
Nulla di tutto questo è fatto. Anzi, continuano le cure per una patologia che non ha mai colpito Bruno Armani, affetto da porpora trombotica trombocitopenica, detta anche sindrome di Moschowitz, malattia rara (l’incidenza è di 4 casi su un milione) caratterizzata da anemia emolitica, piastrinopenia, sintomi neurologici vari, accompagnata da febbre, convulsioni, alterazioni dello stato di coscienza fino al coma, deficit renale e, come si è verificato per lo sfortunato paziente padovano, lesioni dei vasi cerebrali. Il 14 novembre Armani è sottoposto a un intervento urgente al cervello per arrestare un’emorragia. Inutile: non si riprenderà più e morirà due giorni più tardi. A piangerlo un figlio di 9 anni e la moglie Alma che ha presentato l’esposto.
Cristina Genesin
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