Domingo, album padovano: «La vita sta tutta in un Goal»

PADOVA. Allegro, spensierato, naïve. I love Domingo, l’album appena uscito di Domenico Calabrò, in arte, appunto, Domingo, è tutto questo. L’artista, calabrese di nascita e padovano d’adozione (vive in città, nel quartiere San Lazzaro, dal 2006), finora si era risolto nel suo strumento d’elezione, la chitarra. Nel 2005 il suo primo progetto importante: un disco, Chista Maìa, composto e suonato con il gruppo elettro-folk dei Discanto nel dialetto della sua terra, in assonanza con la musica pop ed elettronica.
Trentasei anni, alle spalle anche l’arrangiamento dell’album d’esordio del padovano Andrea Paglianti (cantautore e autore per Mina), Domingo si racconta così: «Gli ultimi due anni sono stati intensi e particolari. Chi mi conosce si aspettava da me un disco strumentale, e invece eccomi con un prodotto del tutto diverso, che per certi versi ha un tono adolescenziale».
La sua musica è una fusione di generi: spazia dal synth-pop al cantautorato americano, i sintetizzatori si uniscono alle sonorità ruvide delle chitarre elettriche dando vita a canzoni vivaci, sorprendenti, nelle quali le parole costruiscono immagini surreali, provocatorie e ironiche. Il primo singolo, Goal, che ha anticipato l’uscita dell’album di qualche settimana, ne è l’esempio perfetto: il testo della canzone, ironico e poetico, è caratterizzato da metafore originali e fantasiose, come quella dell’orbita disegnata da un pallone che segna il percorso della vita, dal calcio di inizio alla sua fine («Il cielo qui non basta più… fischia l’inizio o fischia la fine, io calcio e disegno un’orbita»). Il videoclip che lo accompagna, un salto indietro negli anni Novanta con spezzoni dell’epoca e innesti invecchiati ad hoc, ha una genesi prestigiosa: la produzione esecutiva della compagnia teatrale Indigena e la regia di Stefano Scandaletti, attore e regista padovano. «Abbiamo voluto riportare alla memoria un aspetto che in questo momento storico è dimenticato: la semplicità. Da qui l’uso di una videocamera Vhs e le immagini paesane, immediate e senza estetica», spiega Scandaletti.
Nove anni fa la partenza da Bagnara Calabra, direzione Padova: qui Domingo raggiunge l’amico Luca Francioso, chitarrista fingerstyle, e decide di fermarsi. «Avevo voglia di partire e all’inizio Padova mi è sembrata una grande città. Ora che la vedo come è realmente, più piccola rispetto all’ impressione iniziale, mi incuriosisce e mi piace anche di più. Ci sto bene».
A chiudere questa collaborazione tutta veneta, il produttore di I love Domingo, Matteo Buzzanca, autore delle musiche per Malika Ayane (sua Senza fare sul serio, già disco di platino), Max Gazzè e Marco Mengoni, per citare solo alcune delle partecipazioni eccellenti. «Questo album non ha pretese da disco d’autore, ma nella sua leggerezza ha uno stile preciso», spiega Buzzanca «richiama le sonorità di Battiato, di un certo Dalla e di molta musica ironica degli anni Ottanta». L’immediato futuro di Domingo è fatto di musica. «Tra qualche giorno tornerò verso la mia terra, al Sud, per suonare con alcuni gruppi. Da settembre invece inizierà il periodo live: porterò I love Domingo in giro per l’Italia». Non solo. Sarà la chitarra di un importante progetto musicale, di respiro europeo: Teodorf, un prodotto vicino alla new wave, i cui suoni oscilleranno tra l’acustico e l’elettronico, sempre a firma di Buzzanca.
Le foto dell'album sono di Serena Pea, mentre la grafica è di Stefano Scandaletti.
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