Droga, cura con onde magnetiche

Arriva a Padova la nuova frontiera per la cura delle tossicodipendenze. Attraverso impulsi di corrente direzionati in particolari aree del cervello, promette di far uscire dal tunnel della droga anche i pazienti più gravi. La tecnica innovativa si chiama Stimolazione magnetica transcranica (Tms) e attualmente è sotto studio in diverse parti del mondo. A proporla è lo psichiatra padovano Luigi Gallimberti, docente di Prevenzione della salute presso l'Università di Padova. «La Tms sta dando ottimi risultati ed è priva di controindicazioni perché non è invasiva. In particolare è adatta ai pazienti più gravi e a quelli dipendenti da cocaina per i quali non esistono trattamenti farmacologi efficaci», spiega. Il professor Gallimberti dirige un centro di disintossicazione clinica a Padova e da anni è impegnato in progetti di prevenzione. «Il mio interesse nei confronti di questa tecnica è iniziato nel 2013, quando il padre di un mio paziente mi portò un articolo di giornale sul tema. Dopo qualche approfondimento scientifico, ho deciso di iniziare la mia ricerca per permettere ai tossicodipendenti di tornare ad essere liberi». Il macchinario per la Tms è composto da un generatore di impulsi di corrente collegato ad un neuro-navigatore e da un sensore che si posiziona sul capo del paziente. Una seduta dura circa 12 minuti, il soggetto è seduto in poltrona e vigile.
«Recentemente ho condotto una ricerca su 32 pazienti dipendenti da cocaina. Metà sono stati sottoposti a Tms e metà sono stati trattati con farmaci. Ebbene, tutti i pazienti del gruppo Tms sono arrivati alla fine del percorso e gli esami delle urine hanno dimostrato che l’87% era cocaine-free. Mentre solo il 31% del secondo gruppo è arrivato alla fine del trattamento farmacologico e il 37% era cocaine-free». Come funziona la Tms? Una serie di impulsi magnetici, inviati da un puntatore, raggiungono il cervello in una porzione grande quanto una moneta che dovrebbe corrispondere all’area della dipendenza. Gli stimoli hanno lo scopo di inibire il bisogno della sostanza stupefacente.
Se ne è parlato venerdì pomeriggio in occasione del convegno “La creatività indotta”, organizzato dall’Accademia Galileiana di Scienze, lettere ed arti in Padova alla Reggia dei Carraresi. Si sono confrontati sul tema delle dipendenze e della creatività anche Giacomo Rizzolati, Gregorio Piaia, Gian Francesco Giudice, Alberto Schon e Silvio Ramat. «Per definizione, l’addiction opacizza il cervello dell’essere umano», dichiara Gallimberti, «L’alcol e le sostanze stupefacenti possono avere una funzione disinibitoria ma la creatività è ben altro. Dubito che una persona in astinenza possa utilizzare quei momenti per fare arte». Secondo il professor Gallimberti, gli ingredienti per ottenere la creatività sono intelligenza, emozione e un pizzico di inconscio. Il luogo comune secondo cui l’artista accoglie in sé il binomio “genio” e “sregolatezza” non sarebbe quindi valido. «Non ho mai visto un paziente creativo mentre era intossicato, piuttosto il contrario». (e.f.)
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