È Donna Maria la prima pizzaiola doc di Padova

PADOVA. Maria Falcone, contitolare assieme al fratello Gaetano della pizzeria-ristorante Chez Maxim, in via Montà, 40 anni, sposata, due figli, è la prima pizzaiola della città. Donna Maria, come tutti la chiamano, è nata a Tramonti, in provincia di Salerno, il paese dov’è nato e cresciuto anche Giuseppe, detto Pino, Giordano, titolare dell’omonima catena di pizzerie con sede centrale a Treviso ed è vera figlia d’arte. Il papà era Bruno Falcone, deceduto nel 2013, ex piazzaiolo dello storico locale Marechiaro, in via Manin, nel cuore della città. È stato il padre ad insegnarle tutti i “trucchi” del mestiere. Tant’è che oggi, dopo aver frequentato vari corsi di formazione professionale per diventare pizzaiolo qualificato, all’interno di Chez Maxim è lei l’addetta alla preparazione e alla cottura delle pizze.
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Non solo. Da quando è diventata bravissima, viene chiamata spesso a guidare i corsi professionali gestiti dalle associazioni del settore ed è lei ad insegnare a centinaia di giovani come si prepara una vera pizza alla napoletana. Ossia quella con il cornicione tutt’intorno e messa a lievitare minimo una notte intera con il lievito madre, utilizzando solo acqua, farina, olio extra vergine di oliva e pomodoro San Marzano. Ossia quello lungo e morbido, che, in genere, si coltiva nei paesi dell’agro nocerino-sarnese, in Campania. Ma cosa dice Maria Falcone della sua attività quotidiana, che, di solito, in tutta Italia ed anche all’estero, viene praticata, quasi esclusivamente, al maschile?
Lavoro impegnativo
«Non è facile lavorare davanti al forno, sia alla mattina che alla sera, quando si hanno due figli a casa», spiega. «Ma le radici e tutto quello che mi ha insegnato mio padre Bruno non si possono dimenticare. E poi è bello portare avanti la ricca tradizione dell’arte della pizza, nata tra Napoli e Salerno, con una filosofia di base che c’invidia tutto il mondo».Il pizzaiolo in gonnella, tra l’altro, non ha peli sulla lingua nello scagliarsi contro i tanti pizzaioli improvvisati e quelli accademici che stanno stravolgendo la reale tradizione della pizza napoletana, tra cui anche la cosiddetta pizza gourmet, che ha poco a che vedere con la ricetta classica della pizza margherita.
Giudizio critico
«Sono molto critica con tutti quelli che stanno stravolgendo la natura e la storia della pizza», dice donna Maria. «Mi riferisco innanzitutto a tutti quelli che sulla pizza ci mettono di tutto, con incroci e azzardi che fanno accapponare il palato. Va bene innovare e cavalcare il successo dell’agro-alimentare del made in Italy, ma, nel nostro settore, siamo arrivati all’esagerazione. Insomma la pizza napoletana non deve mai diventare un minestrone oppure un piatto unico multicolore. La pizza, secondo me, deve restare quella che cantava il mai dimenticato Aurelio Fierro. Ossia pasta lievitata, con ingredienti genuini come olio d’oliva, basilico, mozzarella di latte vaccino e pummarola ’ncoppa». —
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