È guerra fra gli eredi per la Collezione di Peggy Guggenheim

I nipoti francesi ne chiedono il controllo al Tribunale di Parigi: «I parenti americani hanno tradito i contenuti del lascito»
Di Enrico Tantucci

La Collezione Peggy Guggenheim contesa dagli eredi. Con i nipoti del ramo francese della famiglia della grande collezionista e mecenate americana – che ha legato la sua straordinaria raccolta di arte del Novecento a Venezia e alla casa-museo di Ca’ Venier dei Leoni – che ne chiedono ora il controllo al Tribunale di Parigi, al posto della Fondazione Solomon Guggenheim di New York che la gestisce dalla sua morte. Gridando al suo stravolgimento e al tradimento del lascito di Peggy, che avrebbe legato la permanenza in laguna dei suoi capolavori - da Kandinsky a Brancusim da Max Ernst a Duchamp, da Chagall a Mondrian, da Magritte a Giacometti, fino al meglio dell’Espressionismo astratto americano, con Pollock, Rothko, Motherwell e molti altri - a precise condizioni.

Una vicenda che si trascina da oltre vent’anni, ma che pare arrivata a un punto di svolta. Il 25 maggio prossimo il Tribunale di Parigi sarà infatti chiamato a decidere chi ha ragione. Nel 1976, tre anni prima di morire, Peggy Guggenheim aveva ceduto la gestione della sua collezione alla fondazione newyorkese creata dallo zio Solomon Guggenheim, con precisi vincoli. La casa-museo di Ca’ Venier dei Leoni, con le opere che amava e il suo giardino sarebbero dovuti restare com’erano e dov’erano, tanto che per esporre opere legate a mostre o ad altre collezioni era stato acquistato un palazzo adiacente, per non confonderle con quelle di Peggy, che scrive anche nelle sue memorie: «La mia collezione deve restare intatta a Venezia e resterà con il mio nome anche se sarà amministrata dalla Fondazione. Nulla dovrà essere toccato». Ma così non è stato, accusano Nicolas e David Hélion, figli della sua unica figlia Pegeen e del pittore francese Jean Hèlion, e con loro Sandro Rumney, il nipote nato da un secondo matrimonio di Pegeen con il pittore inglese Ralph Rumney. Solo una parte della Collezione di Peggy sarebbe oggi esposta, integrata da altre opere importanti della Collezione Schulhof, che lega il suo nome a quello della Guggenheim sulla facciata del palazzo. Il giardino di Peggy - dove si trova la sua tomba - sarebbe diventato il “regno” delle sculture esterne della Collezione Nasher, con l’accusa, addirittura di «profanazione di sepoltura». E si contesta, tra l’altro, anche lo smantellamento della stanza con i dipinti naif di Pegeen, la sparizione delle sculture di arte primitiva e in generale la deriva commerciale della nuova gestione Guggenheim. La richiesta al Tribunale di Parigi è pertanto l’estromissione della Fondazione Guggenhein dalla gestione della Collezione, con l’obbligo di restituire a Ca’ Venier dei Leoni l’aspetto originario, lasciandovi solo le opere di Peggy e “cancellando” le altre collezioni aggiuntesi nel tempo, creando un nuovo comitato di direzione per la sua gestione. Da parte sua la Fondazione Solomon Guggenheim, con il Deputy Director Eleanor R. Goldhar, ricorda che un Tribunale francese già nel 1994 aveva respinto le richieste dei nipoti francesi di Peggy, ritenendole immotivate e - pronta a difendersi nel nuovo giudizio di merito - ribadisce di avere pienamente e onorato le condizioni del lascito della collezionista, sviluppandone la vocazione per l’arte moderna che essa amava. Al di là della disputa legale in corso, la questione è di grande interesse. Perché la Peggy Guggenheim Collection è diventata, nel tempo, una raccolta gestita in modo esemplare, certo la più importante di arte del Novecento del nostro Paese e le sue mostre sono un modello di coerenza e insieme di valorizzazione del fondo di Peggy con continui e stimolanti confronti artistici. È questo un tradimento della sua volontà? La collezionista - vedendone la trasformazione - l’avrebbe gradita o osteggiata? Nessuno ha una risposta certa, perché Peggy non c’è più. E non sarà facile, allora, per quel giudice, decidere chi ha ragione.

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