Ecco i poliamorosi che inventano la polifedeltà

di Elvira Scigliano
Ci risiamo. Prima gli psicoterapeuti a dire che la coppia fedele non sempre rende felice perché un unico partner non corrisponderà mai perfettamente a tutte le nostre esigenze. Ora tocca alla comunità dei poliamorosi, che mette in atto proprio la filosofia dell’amore libero che rende felici, far breccia nella città del Santo. In Italia quelli noti e dichiarati sono un migliaio, a Padova una decina, tutti condividono vita, sesso e sentimenti con più “amanti” (participio presente del verbo amare: che amano). Ieri si sono dati appuntamento nella sede dell’Arcigay, in Corso del Popolo, chiedendosi: “Ma tu… sei geloso?”. Al dibattito erano una ventina di persone, dieci delle quali padovane che hanno abbracciato il poliamore. Tutti convinti d'aver trovato la formula della felicità. Sarà mica il popolo dei monogami (magari già sfiancati da una sola relazione) a dover affrontare un esame di coscienza? Da una parte (se è tutto vero) la beatitudine del poliamore che sembra offrire un costante innamoramento. Dall’altra le beghe di mogli e mariti arcistufi della vita a due. Secondo Wikipedia poliamore è un neologismo che esprime il concetto di amori multipli. Nasce negli Usa negli anni Sessanta ed oggi, in America, conta 500 mila persone. Condizione sine qua non è l’onestà: per ogni relazione (o suo multiplo), con o senza sesso (definito passaggio di fluidi) deve esserci il consenso esplicito di tutti i partecipanti al “banchetto”. Guai a liquidare la pratica come “infedeltà”, meglio “nonmonogamia etica” perché non si tratta di saltare da un talamo all’altro con noncuranza, ma, al contrario, di promettere trasparenza e impegno in ogni relazione.
Le forme sono numerose: esistono poliamorosi single, etero, gay o bisex, ma anche asessuali, dunque senza condivisione di fluidi. E poi ci sono le famiglie poliamorose che abitano case promiscue dove la coppia originaria o è aperta ad altre relazioni (“polifedeltà”, altrimenti detta anarchia relazionale) o, fra loro, condividono i partners. Come per le coppie saldamente abbarbicate alla monogamia che navigano i mari a volte calmi ed altri tempestosi dell’amore, che siano dello stesso sesso o di sesso opposto, coppie di fatto o coniugi con fede al dito, anche i poliamorosi hanno una loro letteratura del cuore. Composta da film, musica e simboli viventi, ante litteram come il filosofo Jean Paul Sartre e la compagna Simon de Beauvoir o più attuai come il cantante Pupo, in ogni caso sigillati dalla romanticheria della “compersione”, uno stato di gioia empatica che si prova quando una persona che amiamo è felice con un altro partner. La gelosia, evidentemente, non è contemplata in questo quadro della felicità. Al contrario ne fanno parte scambismo, sesso ricreativo (che si pratica senza la preoccupazione di implicazioni sentimentali) e tanta ricerca di sé. Fra i protagonisti padovani una coppia della provincia, lei insegnante elementare, lui operaio che ha aperto la camera da letto a incontri liberi e Dennis, 38 anni, dipendente in un’impresa, poliamoroso da un anno. «Ho alle spalle un passato. fin troppo tradizionale», racconta Dennis, «rapporti etero, una moglie, due figli, casa con giardino. Poi un paio d’anni fa ho cominciato a prendere consapevolezza di me stesso: mi sono scoperto bisessuale, ho divorziato da mia moglie ed oggi sono un poliamoroso single che intreccia alcune relazioni. Tuttavia, rispetto ai miei figli, 10 e 7 anni, scelgo l’educazione tradizionale. Negli Usa la comunità di poliamorosi chiede dei riconoscimenti istituzionali, qui il problema ancora non è all’orizzonte perché siamo una realtà embrionale».
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